Tutti i modelli elettrici in circolazione si possono ricaricare da una semplice presa domestica sfruttando l’impianto di casa. Ma quella che può apparire come la soluzione più semplice e naturale in realtà presenta diverse problematiche: anzitutto i tempi, visto che l’impianto base è la soluzione meno performante e nel migliore dei casi richiede almeno otto ore per raggiungere sulla più piccola delle elettriche un'autonomia adeguata. Inoltre la potenza assorbita rischia di compromettere il simultaneo uso di elettrodomestici e altri apparecchi. La soluzione può essere richiedere al nostro fornitore una maggior potenza.
Aumento facile
Entro il limite del 6 kW, l’aumento di potenza è gestito direttamente dalla centrale del fornitore di energia e dunque non comporta alcun intervento fisico sull’impianto e sul contatore: una volta fatta la richiesta, entro qualche giorno l’aumento viene effettuato e si dispone così dei kW desiderati. Il passaggio naturalmente ha un costo una tantum. Per potenze superiori che implicano di modificare o sostituire il contatore e altre componenti, occorre chiedere un preventivo al gestore.
Di quanto si può aumentare?
Con la riforma delle tariffe energetiche del 2016, in vigore dal 1° gennaio del 2017 è diventato possibile richiedere aumenti di potenza a step da 0,5 kW tra 3 e 6 kW. Significa che si può ad esempio passare da 3 a 3,5, 4,5 o 5,5 e così via e non necessariamente a 4,5 o 6. Mentre tra i 6 e i 10 kW, gli step devono essere da almeno 1 kW. Questo può essere utile per chi supera di poco la potenza massima disponibile e dunque non necessita di aumentarla del 50% o di raddoppiarla.
Quando avviene uno stacco per superamento potenza, infatti, i contatori elettronici indicano la percentuale del superamento che ha dato origine all’interruzione e permette quindi di valutare di quanta potenza maggiore si necessiterebbe. Tuttavia, se si ha in programma l’acquisto di un’auto l’ideale sarebbe disporre di una quantità minima di potenza da dedicare soltanto alla ricarica. Ciò significa che a meno di non avere un consumo domestico particolarmente basso (ad esempio una casa priva di condizionatori) l’ideale è passare da 3 ad almeno 4,5 kW.
Quanto costa l’aumento
Il costo dell’adeguamento è originariamente composto da tre voci: una è “tecnica” corrisponde al costo unitario per ogni kW di potenza aggiuntiva mentre le altre due sono costi amministrativi e consistono in una quota fissa e in una diritto del distributore. I costi corrispondenti sono fissi soltanto per gli operatori che agiscono sul cosiddetto ”Mercato di Maggior Tutela”, mentre quelli che si muovono nel mercato libero (la maggior parte) hanno facoltà di stabilire e variare le tariffe in modo più autonomo. Nella grafica qui sotto le tariffe del primo caso.
Contributo (Operatori Mercato Maggior Tutela) | Importo |
Quota potenza per 1 kW di aumento | 69,57 € |
Quota fissa per oneri amministrativi | 26,48 € |
Quota fissa per oneri del distributore | 23 € |
Va sottolineato poi che dal 1° aprile 2017 al 31 marzo di quest'anno a queste tariffe è stato applicata una scontistica che ha di fatto annullato il contributo per i diritti del distributore e ridotto di circa il 20% il costo al kW. Mentre dal 1° aprile di quest'anno sono tornati a regime. Quindi, oggi l'aumento di 1 kW, nel limite dei 6 massimi, costa all'incirca 120€.
E l'energia?
La riforma del 2016 ha come obiettivo quello di incentivare l'utilizzo dell'elettricità rispetto ad altre fonti di energia come gas o combustibili e ha dunque introdotto una serie di facilitazioni e agevolazioni. Tra queste, c'è anche l'eliminazione dello scaglione di prezzo maggiore per gli impianti da più di 3 kW per tutti i contratti da utenza domestica residente: in parole povere, per le prime case aumentare la potenza dell'impianto ha un costo iniziale di “attivazione” ma non comporta più un aumento del prezzo al kW dell'energia consumata.