Da molto tempo ormai “efficienza” è diventata la parola d’ordine per tutte le auto, non soltanto quelle elettrificate. Praticamente ogni modello, infatt,i è oggi dotato di qualche dispositivo mirato a ridurre gli sprechi di energia, come ad esempio pompe dell’acqua e dell’olio a portata variabile o gli alternatori intelligenti che si disattivano in accelerazione per alleggerire il lavoro del motore sotto sforzo per ricollegarsi in rilascio.
Il recupero energetico diventa una funzione essenziale per ibride ed elettriche che grazie a questa logica riescono a far durare di più la riserva della batteria riducendo l’uso del motore a scoppio nel caso delle prime e allungando l’autonomia per le altre. Ma come si recupera l’energia? Ecco cinque soluzioni, dalla più diffusa alla più insolita.
1 – Con i freni
Il sistema più utilizzato è la cosiddetta “frenata rigenerativa” che sfrutta le fasi passive della marcia: per essere esatti non agisce soltanto in frenata, ma inizia quando cioè si alza il piede dall’acceleratore. A quel punto il motore elettrico (anche quello delle ibride) inverte la sua funzione, si trasforma in alternatore e sfrutta l’energia cinetica ricevuta dalle ruote per generare corrente da ri-inviare alla batteria.
Questa resistenza elettromagnetica di solito provoca una decisa decelerazione, tanto che in moltissimi casi questo effetto viene sfruttato anche nelle frenate lievi che fanno intervenire effettivamente i freni soltanto quando è richiesto un arresto più deciso.
2 –Con il motore
Le ibride, in particolar modo quelle non ricaricabili alla spina che essendo un “sistema chiuso” devono gestire internamente il delicato equilibrio tra l’energia spesa e quella recuperata, possono ricavarne dal motore termico. Accade, ad esempio, nella marcia autostradale che, quando la batteria scende sotto una certa soglia, il motore elettrico si commuti in alternatore facendosi trascinare dall’altro per generare corrente. Va detto che è fase meno efficiente perché, di fatto, aggrava il lavoro del motore termico stesso, già impegnato nella propulsione, e dunque il consumo.
3 – Con le turbine
La trasmissione non è l’unico organo meccanico che ha fasi passive: anche dal motore stesso, infatti, si può recuperare energia sfruttando i momenti di inerzia delle turbine come fanno i dispositivi utilizzati su auto da competizione, ad esempio quelle da Formula 1 con il sistema MGU-H.
Questo fa parte dei KERS evoluti nei quali il recupero derivante dalla trasmissione si unisce quello dell’energia in eccesso della turbina. Solo sport? No: la supercar ibrida Infiniti Project Black S utilizza questa tecnologia e promette di portarla su strada l’anno prossimo.
4 – Con le sospensioni
Tutte le parti in movimento di una vettura, che sono moltissime, possono essere sfruttate per recuperare l’energia altrimenti dispersa. Dell’opportunità di farlo anche con le sospensioni si parla da molto tempo ed una prima applicazione è stata mostrata due anni fa da Audi con il sistema chiamato eROT.
Si tratta di ammortizzatori elettroidraulici che sostituiscono quelli tradizionali sulle ruote posteriori e che, oltre a permettere di regolare lo smorzamento e l’escursione in modo più completo, possono sfruttare il molleggio e le oscillazioni dei bracci per convertire quell’energia in corrente. Questa tecnologia rientra tra i dispositivi correlati ai nuovi sistemi elettrici a 48 V su cui non solo Audi si sta orientando e potremmo vederla presto in produzione.
5 – Con il…vapore
L’ultimo sistema che citiamo in questa rassegna è una soluzione studiata una decina di anni fa dai tecnici BMW che si sono posti il problema di riutilizzare il calore prodotto e dissipato dai motori classici. I quali, lo ricordiamo, trasformano in movimento soltanto il 30%, massimo il 40%, dell’energia generata dalla combustione disperdendo appunto il resto sotto forma di calore da smaltire.
Il sistema battezzato Turbosteamer riprendeva il principio della turbina a vapore e consisteva in un complesso di condotti in cui dell’acqua veniva trasformata in vapore a pressione grazie al calore dei gas di scarico. La pressione del vapore serviva poi a dare una “spinta” al volano.
BMW ipotizzava di introdurlo su modelli di serie dal 2015, ma la cosa non ha avuto seguito. Se in teoria poteva, infatti, incrementare le prestazioni anche del 15%, avrebbe aumentato anche il peso e la complessità della meccanica. In più rischiava di “raffreddare” troppo i gas di scarico riducendo l’efficienza di filtri e catalizzatori.