Tanto tuonò che piovve. Dopo tutte le denunce dell’industria, l’Europa mette nel mirino le auto elettriche cinesi: “I mercati globali ne sono inondati, per i prezzi mantenuti artificialmente bassi da ingenti sussidi statali. Ciò sta distorcendo il mercato. Annuncio quindi che la Commissione sta avviando un’indagine antisovvenzioni”, è la dichiarazione (che fa discutere) della presidente Ursula von der Leyen.

Ora la domanda è: che succede adesso? Mentre qualcuno ipotizza l’applicazione di nuove tasse alle importazioni cinesi, qualcun altro teme la reazione di Pechino, che definisce “protezionistica” la mossa dell’Ue. Ma le cose sono più complicate di quanto sembrino e fanno già litigare l’Europa. Ecco perché serve un po’ di chiarezza, anche a costo di trattare un argomento piuttosto lungo.

Questione di programmazione

Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 2010, quando il Dragone getta le basi per diventare leader mondiale dell’auto elettrica, con un ingente programma di incentivi per industria e automobilisti. Se oggi la Cina vanta il dominio del mercato a batterie, il merito va proprio alle lungimiranti politiche di allora.

A far arrabbiare i Paesi Ue sono però i diversi dazi doganali applicati da Bruxelles e Pechino: esportare auto all’ombra della Grande Muraglia comporta infatti un tributo alla frontiera del 15%, che si scontra col 10% delle importazioni cinesi in Europa: una differenza del 5% che, secondo alcuni, potrebbe portare a tasse compensative da parte dell’Unione europea.

Foto - BYD Han - Immagini - Prova su strada

Interni della BYD Han

Comanda la Germania

“Si deve tener conto anche delle possibili ripercussioni di Pechino”, avverte però la VDA, associazione che riunisce i Costruttori d’auto tedeschi. Giuste o sbagliate che siano, le previsioni teutoniche non arrivano comunque per caso.

Basta leggere i dati Eurostat sui rapporti Europa-Cina nel 2022 per scoprire che i veicoli sono i beni più commercializzati tra le due regioni e che la Germania vanta la quota maggiore di esportazioni (su tutti i prodotti) verso il Dragone: si parla di un consistente 15%, pari a quasi 107 miliardi di euro. Per fare il confronto con gli altri Paesi, il secondo posto è occupato dalla Francia con appena 23,7 miliardi (9,2%). L’Italia è quarta con 16,4 miliardi (5,6%).

Passando alle importazioni, Berlino e dintorni si piazzano dietro alla sola Olanda, con – rispettivamente – 130 e 139 miliardi di euro (22,2% e 26,4%). È quindi evidente che l’economia tedesca conta parecchio sugli scambi con la Cina. Punire il Dragone con dazi compensativi e subire la contromossa cinese potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang. Per tutti.

Foto - I dati sull'import/export di auto elettriche fra Europa a Cina

I dati sulle esportazioni Europa-Cina

Foto - I dati sull'import/export di auto elettriche fra Europa a Cina

I dati sulle importazioni Europa-Cina

Foto - I dati sull'import/export di auto elettriche fra Europa a Cina

Le auto sono il prodotto più esportato dall’Europa alla Cina

Nulla di fatto?

Perché se la Germania è la locomotiva d’Europa, gli altri Stati sono i vagoni del treno. Pensiamo, per esempio, ai fatti di casa nostra: quante sono le imprese italiane che forniscono componenti alle auto tedesche e che perderebbero clienti a causa di una possibile guerra commerciale?

L’ipotesi, a questo punto, è che l’inchiesta di Bruxelles si risolva in un nulla di fatto per il timore di scontentare le aziende del Vecchio Continente, schiacciate fra la risposta di Pechino e i battibecchi interni all’Unione. E così le auto elettriche cinesi fanno litigare l’Europa (anche se non costano davvero così poco).