Per quanto lo sviluppo delle vetture elettriche proceda spedito, queste non sono ancora in grado di soddisfare le esigenze di mobilità sulle lunghe distanze come fanno i modelli con motori tradizionali, specialmente Diesel. Questi ultimi però devono fare i conti con normative sulle emissioni sempre più stringenti che tra pochi anni difficilmente potranno più rispettare “da soli”, ovvero senza un aiuto elettrico.

Per questo l’ibrido termico-elettrico rimane tutt’ora un buon compromesso tra praticità, efficienza e basso impatto ambientale, unendo molti dei pregi di entrambe le soluzioni. Non tutti gli ibridi però promettono di avere vita altrettanto lunga e tra quelli più a rischio ci sono proprio quelli tradizionali, via via soppiantati dai plug-in con batteria ricaricabile. Vediamo perché.

Più batteria per tutti

L’orientamento dei costruttori negli ultimi anni ha visto un progressivo spostamento verso gli ibridi “alla spina” per lo più siglati PHEV (Plug-In Hybrid Electric Vehicle). Ne è un esempio quello di PSA, appena presentato a Parigi in versioni a due o quattro ruote motrici (presto anche sulle Opel), così come quelli già disponibili sulle Volvo, su Kia Optima e sull’evoluzione di Niro, Mercedes GLC 350e fino al primo ibrido che FCA introdurrà dal 2020 su Jeep Renegade.

Jeep Renegade 2018
Kia Optima PHEV

Il motivo sta nelle migliori performance elettriche, in virtù del pacco batterie più potente ricaricabile appunto dalla rete elettrica, che permettono di ridurre l’impiego del motore tradizionale e quindi, abbassare ancora le emissioni in modo sensibile rispetto agli ibridi “a circuito chiuso”, quelli cioè in cui la batteria si ricarica unicamente in marcia, in frenata o tramite il motore a scoppio, senza contributi dall’esterno e con prestazioni e autonomia assai più limitate. Si stima che in futuro, ossia dopo Euro 6D, l’ibrido plug-in possa addirittura essere l’unica soluzione in grado di rendere ancora sostenibili i motori tradizionali prima di sacrificarli sull’altare dell’elettrificazione totale. Ma è davvero così?

Dati a confronto

Qualche esempio arriva dai pochi modelli che ad oggi offrono entrambe le soluzioni permettendo un rapido raffronto: Toyota Prius di ultima generazione, nella versione ibrida classica che impiega batterie al Nickel-metallo idruro da 1,3 kWh, dichiara emissioni di Co2 di 78 g/km e percorre appena 2 km in modalità EV con consumo medio finale di 3,3 l/100 km. La Prius plug-in, dotata di batterie agli ioni di litio da 8,9 kWh, a parità di prestazioni (il powertrain da 122 CV è identico per entrambe) può arrivare a 50 km a zero emissioni riducendo la media dei Co2 ad appena 28 g/km e il consumo dichiarato a 1 l/100 km.

Dati molto simili a quelli delle Hyundai Ioniq ibride, entrambe dotate di batterie ai polimeri di litio, che hanno però anche prestazioni diverse: 141 CV per la classica, con batteria da 1,1 kWh, e che emette dai 79 ai 92 g/km di CO2 mentre la Ioniq plug-in ha una capacità di 8,9 kWh, 165 CV totali e Co2 ridotti a 26 g/km oltre ad un’autonomia elettrica dichiarata di 63 km.

Un “trucco” per l’omologazione?

Sulla carta, l’impatto ecologico delle plug-in è sensibilmente migliore, tuttavia all’atto pratico potrebbe non essere lo stesso: bisogna considerare, infatti, che in sede di omologazione i modelli sono esaminati nelle loro condizioni ideali, in questo caso con batteria carica al 100%, e le emissioni medie sono calcolate dando per scontato il massimo sfruttamento della capacità della batteria. 

Ma se questa poi non viene ricaricata regolarmente il rendimento, i consumi e le emissioni effettive tornano ad avvicinarsi molto a quelli di un equivalente modello ibrido classico, senza contare che le plug- in, proprio in virtù delle batterie più grandi e potenti, hanno anche un peso maggiore. In pratica è un po’ quello che accade alle auto con impianto di fabbrica a Gpl e metano, omologate con le emissioni del carburante più ecologico (con tutti i benefici ad esse riservati) ma che non di rado, per pigrizia o poca disponibilità di punti di rifornimento, finiscono spesso per essere utilizzate prevalentemente a benzina

Fotogallery: Kia Niro Plug-In, anatomia dell'ibrido