La lotta al cambiamento climatico in Europa passerà anche dalla Banca Centrale. La sua presidente, Christine Lagarde, ha deciso di avviare una revisione strategica delle policy per contrastare i “rischi eccessivi” che ci si assume affidando solo agli investitori privati il prezzo delle questioni ambientali. Il nuovo piano, che dovrebbe essere ultimato entro la seconda metà del 2021, avrà quindi il compito di spingere sempre di più gli investimenti “verdi”, così come sta facendo anche la Commissione Ue con evidenti riflessi sull’industria automotive.
Un cambio di rotta radicale rispetto al recente acquisto da parte della Bce di 248 miliardi di euro di obbligazioni societarie tra produttori di petrolio e gas, compagnie aeree e servizi pubblici. Una scelta economica criticata da molti attivisti ambientali perché complice nel rafforzare la propensione del mercato verso queste grandi società, nonostante il loro impatto sul clima.
I precursori
In questa direzione si sono già mosse altre banche, come quella d’Inghilterra che ha in programma per giugno 2021 una sorta di stress test climatico. O la Banca Centrale svedese che di recente ha eliminato dalle sue riserve di valuta estera le obbligazioni di alcune aziende attive sul territorio australiano e canadese per via delle loro emissioni troppo elevate.
Stessa situazione oltreoceano dove la Federal Reserve si è unita al Network for Greening the Financial System, un consorzio di 75 banche centrali istituto per sostenere gli obiettivi climatici dell’accordo sul clima di Parigi. Un segno di come la questione ambientale sia in ascesa anche nell’agenda della politica monetaria mondiale.
L’inizio di una nuova era?
Due terzi degli economisti intervistati dal Financial Times su questo tema non hanno dubbi: il nuovo corso impresso alla Bce infrangerà il principio di “neutralità del mercato”, il cui andamento complessivo condiziona l’acquisto di azioni e obbligazioni. Tra questi Paul Diggle, economista presso Aberdeen Standard Investiments, ritiene che porsi obiettivi climatici sia “funzionale al raggiungimento della stabilità dei prezzi, soprattutto tenendo conto dei rischi a lungo termine”.
Eppure, nessuna delle principali banche centrali europee ha ancora applicato criteri espliciti in merito ai propri acquisti di obbligazioni. Complice l’opposizione di alcuni membri del consiglio direttivo della Bce, come James Weidmann, capo della banca centrale tedesca, secondo il quale “non spetta a noi correggere le distorsioni del mercato”. Dato il tema molto divisivo, è probabile che si giungerà a una soluzione di compromesso.
Una delle ipotesi è quella del "carbon targeting". La Bce potrebbe infatti “ridurre gradualmente il peso delle obbligazioni ad alto impatto climatico nel suo portafoglio – spiega Gilles Moec, capo economista di Axa – e al contempo fornire incentivi agli azionisti per ridurre attivamente la propria impronta ambientale”.