Dalla Coccinelle, il nostro Maggiolino, alla Porsche 365. Dalla Studebaker a un veicolo militare come il Volkswagen Iltis. Dall’Audi A1, la più piccola della gamma, all’ammiraglia Q8 e-tron. La fabbrica Audi di Bruxelles, in zona Forest, 6 chilometri di distanza dalla Grand Place, centro nevralgico della città che ospita le principali istituzioni europee, è una specie di serpentone lungo quasi 2 mila metri allineati alla ferrovia dove passano anche i TGV tra la capitale del Belgio e Parigi.
Con i suoi 563.321 metri quadrati è il più piccolo degli stabilimenti Audi, impiega poco meno di 3 mila dipendenti (la scorsa settimana in sciopero, poi rientrato) e, in attesa della Q4, dalle sue linee di montaggio esce dalla fine del 2022 un solo modello: la Q8 e-tron berlina e Sportback, anche nelle versioni SQ8.
L’impianto è stato fondato nel 1949 da Pierre d’Ieteren, esponente di una delle famiglie più in vista in Belgio, è passato nel 1970 sotto il controllo del gruppo Volkswagen, ha prodotto finora oltre 8 milioni di vetture, più di 200 mila delle quali elettriche. Nel 2018 è stato il primo in assenza di impronta carbonica della galassia Audi (C02 Neutral).
Inside Bruxelles (la fabbrica)
Ho avuto occasione di visitare Audi Bruxelles nei giorni scorsi. In passato, avevo già visto altre fabbriche, ma l’impressione di enorme stupore resta sempre la stessa: quello che l’ingegno umano riesce a realizzare nella concatenazione dei processi produttivi è, per una persona normale, del tutto inimmaginabile.
Certo, c’è alle spalle oltre un secolo di progresso tecnologico. E va detto che quella belga non è una fabbrica dove si passa direttamente dalla materia prima al risultato finale. Si tratta piuttosto di un impianto di assemblaggio avanzatissimo: le carrozzerie in acciaio alto resistenti e alluminio arrivano da Ingolstadt, i motori e i moduli delle batterie dallo stabilimento di Györ in Ungheria, varie componenti, come per esempio i parafango dai fornitori di componentistica, e i prismi del pacco batterie da chi ai giornalisti non è dato sapere.
Uno spaccato della batteria della Q8 e-tron
La fabbrica Audi di Gyor
Resta il fatto che l’impatto visivo è straordinario.
Il circo dei robot
Entrando nelle prime linee di produzione (si chiamano curiosamente Shop, tipo Body Shop per la scocca) si resta colpiti dalla quasi totale assenza dell’elemento umano. È tutto un circo di robot che, per costruire la culla della batteria, saldano, avvitano, incastrano in un volteggiare sincronizzato che ricorda le acrobazie dei trapezisti.
Man mano che si passa nei successivi settori (la superficie è su più piani, livello di lindore da clinica svizzera) iniziano a comparire sempre più addetti. E si comincia a capire i livelli di logistica interna, ispirati da un’organizzazione che mira al massimo dell‘efficienza, del tempo e degli spazi.
Dentro la fabbrica Audi di Bruxelles
Come nel caso dell’area di assemblaggio delle portiere, rigorosamente separata in due tra elementi di destra e di sinistra. O delle postazioni di gestione dei motori, assistiti da una legione carrelli elettrici a guida autonoma.
Lungo il percorso di questa autostrada della costruzione ci sono delle stazioni di ristoro per il personale e di controllo del prodotto, in modo da assicurare che tutti i ‘mattoncini’ siano al loro posto di questa specie di ‘Lego’ del manufatto (che poi non so quanto sia etimologicamente corretta questa espressione, visto il massiccio uso della robotica).
Non possiamo ovviamente visitare tutte le sezioni (uso la prima persona plurale perché sono con altri colleghi giornalisti). Quella in cui vengono applicate cinque ‘mani’ di verniciatura, per esempio, è off-limits magari per il solo fatto che le fibre dei nostri vestiti rilasciate in aria possano compromettere il risultato finale.
Auto volanti
La parte finale del serpentone è quella che più assomiglia alla classica catena di montaggio. Le carrozzerie, vuote a parte il tunnel centrale e la consolle priva del volante, arrivano volando, sospese in aria in aria su speciali supporti.
In un punto preciso avviene il cosiddetto matrimonio: un robot le accoppia alla scocca con il pacco batteria che nel frattempo avanza più in basso. Due elementi complessi lunghi quasi 5 metri si uniscono automaticamente con precisione millimetrica, salvo un breve intervento di due addetti che lavorano sulle molle delle sospensioni anteriori.
L’auto a questo punto assume la su forma semi-definitiva: plana dall’alto lungo una serie di postazioni successive (6 metri quadrati e personale che ruota ogni due ore) nelle quali vengono montati i parafango, il diffusore di rumore esterno, i sedili posteriori, quelli anteriori e via via gli altri elementi. Per ultime le portiere, in modo da evitare che si danneggino nelle fasi precedenti.
Le fasi di verniciatura della Q8 e-tron
La linea di montaggio è unica per tutte le versioni, ma è organizzata in modo che se un’auto richiede l’installazione dei molti optional voluti dal cliente, con conseguente aumento dei tempi di lavorazione, la vettura successiva sia un modello base, in modo da compensare la perdita di secondi determinata dalla precedente.
Come nasce una batteria
E non è finita: resta da fare un salto nell’impianto di assemblaggio della batteria. E’ il più nuovo, un po' più lontano dai corpi centrali (bisogna attraversare una strada pubblica) ed è il punto dove tecnologia e sicurezza raggiungono i massimi livelli. Inutile dire che anche in questo caso il colore giallo dei robot domina il campo visivo, insieme all’arancio dei cavi di collegamento tra i moduli (per ragioni di importanza e di sucurezza).
La costruzione è ‘a panino’ o, se preferite, a ‘club sandwich’. Vengono assemblati i seguenti elementi: coperchio inferiore di protezione, sistema di raffreddamento, cornice della batteria, vassoio o culla, struttura di separazione in alluminio, moduli di controllo delle celle, 36 moduli da 12 prismi ciascuno, coperchio, box di collegamento tra la batteria e la vettura.
L'impianto di assemblaggio della batteria
Il risultato è un giga-biscotto da 706 chili di peso, con un voltaggio nominale di 396 V e una potenza di 95 kWh: la batteria, cioè, della Q8 e-tron. E per la SQ8? Stessa identica configurazione, cambia solo la densità delle celle.
Anche nel Battery Shop l’alternanza uomo-macchina è centrale, solo che qui ci sono naturalmente maggiori misure di sicurezza (ci viene detto di rimanere all’interno degli spazi consentiti e di non toccare nulla). Quando poi un’azione manuale viene effettuata nella relativa postazione vengono fatte calare delle tendine arancioni su ambo i lati.
Attico fotovoltaico
A chiusura della visita un giro sui tetti, dove sono installati 125 mila metri quadrati di pannelli fotovoltaici, che assicurano buona parte del fabbisogno energetico della fabbrica.
L'impianto fotovoltaico a Bruxelles
E se siete interessati e volete sapere perché Audi Bruxelles è definito un impianto a neutralità carbonica non perdete una delle prossime rubriche Carbon Zero su Motor1.