L'ultimo rapporto della IEA, l'Agenzia internazionale dell'energia, certifica un dato storico: la domanda di benzina ha toccato il suo massimo e da adesso in poi potrà solo diminuire. In particolare, dai calcoli dell'agenzia, risulta che il picco è stato toccato nel 2019, ed è stato intrapreso un declino da cui non si tornerà più indietro.

Pandemia, transizione energetica, mezzi di trasporto sempre più efficienti stanno rivoluzionando il modo di muoversi. La richiesta di benzina, crollata nel 2020 a causa proprio del lockdown, aveva iniziato a diminuire già l'anno prima e, anche una volta superata l'emergenza Covid, non tornerà ai livelli di due anni fa.

La fine di un’era

Certo, nei Paesi in via di sviluppo la domanda crescerà ancora sostenuta da industrializzazione ed espansione del mercato automobilistico. Ma sarà ampiamente compensata dall'aumento dell'efficienza delle auto con motore termico e dalla sempre maggiore diffusione di veicoli elettrici nelle nazioni più avanzate. 

Petrolio BP

Insieme alla riduzione dei consumi dovuta all'aumento del lavoro a distanza, che probabilmente continuerà nel prossimo futuro, secondo gli analisti della massima autorità mondiale sull'energia la strada imboccata è a senso unico, senza ritorno.

Il petrolio serve ancora

Poco meglio andrà al petrolio in generale, che a differenza della benzina è ancora in fase crescente. La pandemia ha fatto rivedere le stime al ribasso e, stando alle previsioni, solo nel 2023 si tornerà ai livelli del 2019, ma il mercato continua a volere sempre di più greggio. Anche per questo il prezzo sta salendo ed è arrivato a sfiorare quota 70 dollari a barile.

Però non ci si deve fare ingannare. Alcuni hanno visto in questo andamento l'avvio di un superciclo che potrebbe portare ad un consistente aumento del valore del petrolio nei prossimi anni. Non è dello stesso avviso la IEA, che spiega: "Il forte rally del petrolio a quasi 70 dollari al barile ha spinto a parlare di un nuovo superciclo e di un'incombente carenza di offerta. Ma i nostri dati e le nostre analisi suggeriscono il contrario". Per diversi motivi.

  • Riduzione dell'offerta: uno dei motivi che ha spinto verso l'alto il prezzo del greggio è da ricercarsi nel fatto che l'Opec+ (l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio e dei suoi alleati) ha tagliato le quantità di barili immesse sul mercato. Questo non significa che non ci siano i margini per aumentare di nuovo il numero di barili in vendita, si tratta solo di una mossa commerciale per massimizzare i profitti nel breve periodo.
  • Rincorsa alle scorte: in previsione di una ripresa a pieno regime delle attività una volta messa alle spalle la pandemia, i settori industriali hanno deciso di acquistare più petrolio del necessario, in modo da non farsi trovare "a secco" quando ne avranno bisogno. Ma quanto acquistato eccede i reali bisogni. 
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Una questione di mercato

Analizzando la situazione si nota come i prezzi stiano salendo per una questione di equilibrio tra domanda e offerta nell'immediato. "La prospettiva di recupero della domanda post-pandemia e la continua restrizione della produzione indicano un ulteriore calo delle scorte durante la seconda metà dell'anno - ha detto l'agenzia – ed è per questo che i prezzi stanno salendo".

Ma i mercati avranno greggio a sufficienza per alimentare ogni tipo di attività. Attività, aggiunge la IEA, che per effetto della pandemia e delle politiche di molti Stati si stanno comunque rendendo sempre meno dipendenti dal petrolio, modificando per sempre la domanda di quello che potrebbe presto non essere più chiamato “oro nero”. Per questo motivo è difficile che il prezzo dei barili di greggio salga ancora in maniera considerevole.