La storia spesso si dipana attraverso curiosi paradossi. E così, a insegnare all’Occidente i concetti di risparmio energetico ed efficienza, senza volerlo, è stato quasi 50 anni fa l’uomo che per decenni ha incarnato le dinamiche più controverse del mondo del petrolio: lo sceicco Ahmed Zaki Yamani, storico ministro saudita, morto oggi a Londra all’età di 91 anni.

Protagonista di una vita da film, tra intrighi ai massimi livelli, uccisioni e rapimenti, Yamani è l’oilman che in tempi non sospetti ha fatto capire a Europa e Usa l’importanza di svincolarsi dalla dipendenza petrolifera. Come? Architettando la crisi petrolifera del ’73 (e poi a quella del ’79), quando i grandi produttori mediorientali chiusero i rubinetti in risposta all’appoggio americano a Israele nella guerra dello Yom Kippur. In un lampo il barile schizzò del 70%, innescando un terremoto economico con pochi precedenti.

Osservando oggi quanto accaduto appare evidente come in quella crisi siano affondate le prime radici di una nuova era dell’energia. Lì nacque infatti la consapevolezza dell’importanza degli approvvigionamenti, si iniziò a parlare di risparmio energetico ed efficienza e si acuì l’attenzione sulle fonti alternative per svincolarsi dal petrolio.

Qualche esempio pratico? Gli Usa approvarono nel 1975 i primi limiti minimi di percorrenza delle auto con un gallone di benzina e nello stesso anno Washington ospitò la prima "vera" conferenza sull'energia solare, tecnologia definita fino a pochi anni prima da “ecofreaks".

Emblematica resterà una frase pronunciata nel 2000 da uno Yamani oramai fuori dalla vita pubblica: “L’età della pietra non è finita per la mancanza di pietre. Allo stesso modo l’età del petrolio non finirà perché il petrolio sarà terminato”. E detto da un uomo che ha fondato la sua fortuna e quella del suo Paese sull’oro nero, si può ben dire che abbia una valenza particolare.