Le batterie allo stato solido sono sempre più vicine. Stavolta le novità arrivano dai ricercatori di tre istituti giapponesi: il Tokyo Tech, il National Industrial Institute of Advanced Industrial Science e l’Università Yamagata. Gli studiosi avrebbero trovato il modo di ridurre la resistenza elettrica che contraddistingue questo tipo di accumulatori.

Le batterie allo stato solido, infatti, sono famose per i vantaggi che possono offrire in termini di velocità di ricarica, durata e densità energetica. Tuttavia, soffrono spesso di una forte resistenza elettrica – grandezza che misura la tendenza di un corpo ad apporsi al passaggio di corrente – tra l’elettrodo positivo e l’elettrolita solido. 

Il problema della resistenza

È chiaro che una forte resistenza elettrica non aiuta in termini di prestazioni. Oltretutto nelle batterie allo stato solido non è ancora del tutto chiaro il vero motivo per cui si incorre spesso in questo inconveniente, che si aggrava ulteriormente nel momento in cui il catodo è esposto all’aria.

Per quanto in molti si siano sforzati di ridurre la resistenza elettrica delle batterie allo stato solido, nessuno, fino ad oggi, aveva mai raggiunto il valore di 10 Ω/cm2 (ohm per centimetro quadrato). Ce l’ha fatta il team di ricercatori del Tokyo Tech guidato dal professor Taro Hitosugi, che ha applicato un particolare processo di costruzione e messa a punto della batteria.

 

L’importanza della “ricottura”

Il team ha costruito una cella con elettrolita solido ma, prima di sigillarla, ne ha esposto la superficie del catodo ad aria, azoto, ossigeno, anidride carbonica, idrogeno e vapore acqueo per 30 minuti. Ha così scoperto che solo quest’ultimo è stato responsabile della perdita di prestazioni e dell'aumento della resistenza elettrica. “L’esposizione al vapore acqueo ha degradato fortemente l’interfaccia tra il catodo e l’elettrolita solido – ha dichiarato il professor Hitosugi – aumentando drasticamente la resistenza elettrica, che ha subito incrementi di più di 10 volte rispetto a una stessa batteria non sottoposta a tale esposizione”.

Il team allora ha proceduto a un processo di “ricottura” della cella attraverso un trattamento termico a 150 gradi di un’ora. A quel punto ha scoperto di essere riuscito a ridurre la resistenza elettrica della cella fino a 10,3 Ω/cm2: un valore pari a quello di una batteria non esposta.

Il motivo di questa riduzione potrebbe essere attribuito alla rimozione spontanea di protoni dall’interno della struttura del catodo proprio durante la ricottura. “Il nostro studio mostra che i protoni del catodo svolgono un importante ruolo nel processo di recupero - ha commentato Hitosugi – e ci auguriamo che questa scoperta sui processi microscopici all’interno delle celle possa aiutare a realizzare batterie allo stato solido sempre più affidabili e performanti”.