Colonnine, idrogeno, batterie e chip. C’è un po’ tutto l’universo dell’auto elettrica (persino fuel cell) nelle nuove regole approvate dall’Unione europea, che prova ad accelerare la transizione della mobilità e recuperare il gap con l’Asia.
A essere approvati sono la revisione della normativa Dafi sulle stazioni di rifornimento per carburanti alternativi, il regolamento sulla sostenibilità degli accumulatori e lo European Chips Act. Vediamo le novità.
Pieno per tutti
Partendo dai punti di ricarica per auto elettriche, il Parlamento Ue dà il secondo via libera alla nuova Dafi (o Afir, in inglese), che chiede agli Stati membri di installare colonnine da almeno 400 kW ogni 60 km sulle strade principali della rete Ten-T entro il 2026. Il target passa a 600 kW nel 2028.
Ma Bruxelles e Strasburgo pensano anche a camion e autobus, con l’obbligo di dare vita a stazioni per la ricarica ogni 120 km entro i prossimi 5 anni. Le potenze sono però più alte: 1.400 kW o 2.800 kW, in base alle tratte. Spazio poi agli hub per l’idrogeno: l’obiettivo dell’Europa è averne almeno uno ogni 200 km entro il 2031.
Il passaporto delle batterie
Adesso manca solo il semaforo verde del Consiglio Ue, che nel frattempo approva definitivamente il regolamento sulle batterie di dispositivi elettronici e veicoli elettrici, compresi monopattini ed e-bike. Regolerà tutto la vita degli accumulatori, dalla produzione al riutilizzo e riciclo, con l’obiettivo di renderli sicuri, sostenibili e competitivi.
Prima di tutto, fanno capolino dei requisiti di etichettatura e informazione, sia sulle batterie che sui materiali riciclati, e un passaporto elettronico e con codice QR, da rendere operativi nel 2026; termine che slitta però al 2027 per il QR code.

Pacco batterie della Renault 5 elettrica
Si passa poi al riciclo di accumulatori e materie prime, con standard minimi molto rigorosi. Per quanto riguarda le batterie dei veicoli elettrici, l’Europa chiede quote del 51% e 61% entro rispettivamente il 2028 e 2031. Riguardo ai minerali:
- 50% e 80% del litio da recuperare entro il 2027 e 2031;
- 90% e 95% di cobalto, rame, piombo e nichel da recuperare entro il 2027 e 2031;
- 16% del cobalto, 85% del piombo e 6% di litio e nichel come contenuto minimo riciclato da riutilizzare nei nuovi prodotti entro 13 anni dall’entrata in vigore del regolamento.
“L’obiettivo di efficienza del riciclo per le batterie al nichel-cadmio è fissato all’80% entro la fine del 2025 e al 50% entro la fine del 2025 per le altre batterie di scarto”, conclude la nota dell’Ue.
Basta crisi
Ultimo, ma non meno importante, è lo European Chips Act, che supera nuovamente l’esame di Strasburgo e si prepara per il secondo e ultimo sbarco al Consiglio dell’Ue, prima del “sì” finale e della pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione.
La normativa nasce per rendere l’Europa meno dipendente dalle forniture asiatiche di chip, creando “un ambiente favorevole per gli investimenti” e “accelerando le procedure di autorizzazione”. Fra le frecce nell’arco dell’Ue, ci sono centri di competenza, per “attrarre nuovi talenti in ricerca, progettazione e produzione”, e soprattutto meccanismi di risposta alle crisi.
In caso quindi di nuovi “chip shortage”, come quello post-pandemia, la Commissione europea potrà attivare misure di emergenza, dando priorità alle forniture di certi materiali ed effettuando acquisti comuni tra gli Stati membri. C’è poi una mappa che aiuterà i Paesi Ue a individuare i colli di bottiglia negli approvvigionamenti.