Meno cibo, più incidenti sulle strade e tante persone in fuga dalle zone in via di desertificazione. Non è lo scenario di un film distopico; sono gli effetti dei cambiamenti climatici, diventati il problema più importante da affrontare in questo inizio di secolo. Molti Governi ne hanno già preso consapevolezza e si sono messi all’opera per decidere il da farsi. Fra questi, dopo la parentesi Trump, sono tornati gli Stati Uniti.
Joe Biden ha ordinato alle agenzie federali di riprendere un lavoro iniziato sotto l’amministrazione di Barack Obama che riguarda proprio i rischi legati al riscaldamento del pianeta. A distanza di quattro mesi, sono arrivati i primi piani di adattamento climatico. E non sono confortanti, anche se le prime soluzioni messe in campo fanno ben sperare.
Agricoltura
Sono 23 i responsi arrivati sulla scrivania del presidente Usa. Riportiamo i sei su cui ha puntato il faro il New York Times. Partendo da quello sull’agricoltura, l’agenzia federale competente avverte senza troppi giri di parole: più parassiti e malattie, uniti alla ridotta qualità del suolo e alla riduzione degli insetti che aiutano l’impollinazione, minacceranno le coltivazioni del futuro.
A questi vanno aggiunti gli effetti che le tempeste e gli incendi provocheranno ai raccolti e al bestiame. Come risolvere? Il consiglio per gli agricoltori è di installare nuovi sistemi di irrigazione, quello per il Governo è di costruire nuove dighe. Ma sono entrambe soluzioni costose. Sicuramente, secondo l’agenzia, bisogna continuare a investire nella ricerca e informare i coltivatori dei risultati. Il tutto, ovviamente, nella speranza che le politiche per il clima rallentino prima le possibili catastrofi.
Trasporti
Non se la passerà bene neanche la mobilità, perché dipartimento dei Trasporti Usa avvisa che il clima minaccerà la tenuta delle strade e dei ponti, rallentando gli spostamenti delle persone e, soprattutto, delle merci che troviamo ogni giorno dei supermercati. Gli scaffali vuoti potrebbero quindi non essere stati solo una conseguenza del Covid.
Insomma, più traffico sulle strade o, addirittura, impossibilità di muoversi. Senza contare il pericolo di trovarsi in un tunnel che si sta allagando durante una brutta giornata di fortissime piogge e i rischi di trovarsi in strada durante eventi metereologici estremi. E anche prendere gli aerei potrebbe diventare molto più difficile in un simile contesto.
Energia
Dal canto suo, il dipartimento per l’Energia spiega che la propria missione ambientale “potrebbe subire interruzioni se le strutture dedicate al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi subissero l’impatto dei rischi climatici”.
Per fortuna, questa minaccia è un po’ più lontana, perché “il Doe ha una valutazione dei pericoli ormai consolidata e un processo di adattamento incentrato sui suoi impianti nucleari ad alto rischio. Questo processo garantisce che le strutture più critiche siano ben protette dai rischi climatici”.
Sicurezza interna
Più caldo in alcune zone del mondo, o shock improvvisi come tsunami, significa anche un maggior numero di cosiddetti rifugiati climatici. L’agenzia per la Sicurezza interna degli States è preoccupata dalle migrazioni che potrebbero partire dal Messico, dai Caraibi e dal Sud America.
La situazione non è diversa da quella che, negli ultimi anni, ha riguardato l’Europa e l’Africa. Non per niente, gli esperti dicono ormai da tempo che le fughe dai luoghi inospitali verso il Vecchio Continente saranno sempre più frequenti. Per questi casi, non resta che elaborare “piani operativi e reattivi coordinati”.
Difesa
La scarsità di buon cibo e di acqua potrebbe portare, secondo il dipartimento per la Difesa, alla nascita di nuovi conflitti tra le nazioni. Una situazione che riguarderebbe soprattutto i militari all’estero, in mezzo a conflitti tra le popolazioni locali per accaparrarsi le fonti di sostentamento.
Commercio
L’unica agenzia un po’ più ottimista è quella del Commercio, che gestisce anche l’Ufficio brevetti. Man mano che i cambiamenti climatici si faranno più gravi, aumenterà la domanda di brevetti per “tecnologie legate all’adattamento ambientale”.
Non solo queste avrebbero “un impatto diretto sulla competitività e sulla crescita economica”, ma il dipartimento potrebbe attrezzarsi per accelerare le procedure di approvazione a beneficio della società. In poche parole, si tradurrebbe nel far saltare la fila. Ma a fin di bene. In ogni caso, il primo appuntamento da non bucare è la Cop26, anticipata dalle richieste dei giovani della Youth4Climate.
Fonte: The New York Times