Fino a qualche anno fa, quando si parlava di cambiamento climatico e surriscaldamento globale, la maggior parte delle persone rimaneva indifferente, pensando che fosse qualcosa che interessava principalmente lo scioglimento della calotta artica o qualche zona remota e selvaggia del pianeta.
Il fatto che le temperature medie potessero aumentare di qualche decimo di grado negli anni sembrava innocuo: una preoccupazione "da scienziati" che avrebbe interessato chissà quali lontane generazioni.
Adesso invece il cambiamento climatico comincia a essere sotto gli occhi di tutti. Le inondazioni in Cina e Germania della scorsa settimana, le temperature record in Canada, dove si sono sfiorati i 50 gradi, e in Siberia, dove i boschi prendono fuoco per autocombustione, sono le prove tangibili che dobbiamo cambiare atteggiamento.
Ma senza scomodare certi eventi catastrofici, basta vedere i video delle grandinate che hanno colpito il centro Italia, con gli automobilisti intrappolati in autostrada, intrappolati dentro auto che venivano distrutte da pezzi di ghiaccio grandi come palline da tennis che piovevano dal cielo. Cosa sta succedendo davvero?
Si attende lo studio dell'IPCC
Gli scienziati sono convinti che ci si stia avviando verso una nuova fase della Terra. Tra poco più di una settimana l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) dovrebbe pubblicare un gigantesco report sullo stato attuale dei cambiamenti climatici, il sesto messo a punto da questa istituzione nei suoi 33 anni di vita.
Molti degli episodi avvenuti nell'ultimo mese erano stati previsti. Da tempo, infatti, la scienza sottolinea il legame tra innalzamento delle temperature e condizioni meteorologiche estreme. Ciononostante, la frequenza e la portata catastrofica di questi eventi sollevano ulteriori, inquietanti domande. Gli studiosi credono che si sia all'alba di un periodo in cui il cambiamento climatico non ha più un andamento lineare. Gli eventi meteorologici estremi potrebbero iniziare ad accadere in modo sempre più imprevedibile e con sempre maggiore frequenza. Di fronte a questo, come potremmo reagire?
Cosa dicono gli esperti
Tra gli eventi catastrofici rientra a pieno titolo l’ondata di caldo che ha travolto il Canada occidentale e gli USA nord-occidentali alla fine di giugno. Di nuovo, un simile evento ha battuto qualsiasi record in fatto di temperature stabilito recentemente. “È incredibile - dice al Financial Times Brian Hoskins, presidente del Grantham Institute for Climate Change all’Imperial College di Londra - per diversi anni ho spiegato che le proiezioni dei modelli climatici erano ottimistiche, perché il loro andamento prevedeva una crescita lineare molto graduale. Appoggiandoci a questi modelli, quest’ondata di caldo non sarebbe dovuta accadere.”
Geert Jan van Oldenborgh, un ricercatore che si occupa di clima nel servizio meteorologico olandese, sostiene che il caldo record nord-americano ha “scosso la fiducia di molti ricercatori, perché quanto avevamo previsto riguardo all’incremento graduale del riscaldamento globale potrebbe non essere corretto”.
Un’ipotesi che non convince tutti
In realtà, parte della comunità scientifica pare ancora scettica in merito a questa ipotesi di lettura. Tra gli esperti più critici c’è Michael Mann, direttore dell’Earth System Science Center della Pennsylvania State University, che ha dichiarato: "Non credo che questa tesi sia corretta. Non siamo davanti a un’accelerazione del cambiamento climatico, perché il riscaldamento globale procede ai ritmi previsti dai modelli messi a punto decenni fa. Piuttosto, il problema è che alcuni eventi singolari sono più imponenti di quanto gli scienziati avessero previsto".
Una responsabilità evidente
Qualunque sia l’ipotesi adottata per leggerli, è chiaro che la responsabilità di questi disastri è da attribuire al modello di sviluppo industriale delle società occidentali, che da duecento anni è l’artefice principale del cambiamento climatico. Lo dice van Oldenburgh e il gruppo di scienziati del World Weather Attribution, che lo scienziato olandese co-dirige. Nei progetti del gruppo c’è anche la dimostrazione dell’ipotesi non-lineare attraverso studi e ricerche sul campo che si occuperanno di qualificare i fenomeni di siccità e i cambiamenti nelle correnti a getto come responsabili di questa nuova fase del cambiamento climatico.
Un’attività, questa, ancora più coraggiosa se si pensa alle accuse di allarmismo e di terrorismo psicologico lanciate negli ultimi anni ai ricercatori che si occupano di clima. Accuse infondate, dal momento che da tempo i ricercatori in questo ambito, anche nell’IPCC, cercano di attenersi a un’epistemologia dell’oggettività e della razionalità che li spinge a parlare solo di ciò che i dati fanno emergere.
I "tipping point" fanno paura
Il problema è che sono proprio i dati, talvolta, a essere allarmanti. È il caso degli studi sui “tipping points”, letteralmente i “punti critici”, che sono delle soglie che, una volta superate, portano a drastici e irreversibili cambiamenti nell’equilibrio climatico del pianeta. Degli esempi sono la perdita irreparabile del manto glaciale in Antartide occidentale o della foresta amazzonica, ma di sicuro il nuovo report dell’IPCC documenterà altri terribili casi come questi.
In una tale situazione, a tenere in vita le speranze di scienziati e cittadini rimangono lo sviluppo di auto elettriche sempre più efficienti ed ecologiche, la decarbonizzazione attraverso la diffusione dell’energia rinnovabile, l’implemento della mobilità collettiva e altre misure che abbassino i livelli di CO2. Speriamo che sia sufficiente.