È l’alba di una guerra commerciale tra Occidente e Cina? Di sicuro, al momento, c’è che Pechino ha già visto il Nord America schierarsi contro la sua industria. Prima l’Inflation Reduction Act (IRA) degli Stati Uniti, che premia il “made in Usa” per allontanare la minaccia asiatica; adesso anche il Canada si dà al protezionismo.

È il ministero dell’Industria di Ottawa, attraverso il titolare Francois-Philippe Champagne, ad accompagnare alla porta tre società minerarie cinesi, accusandole di minacciare la sicurezza nazionale.

Condividere interessi e valori

Si tratta di Sinomine Rare Metals Resources, Chengze Lithium International e Zangge Mining Investmen, alle quali viene chiesto di cedere i loro investimenti rispettivamente in Power Metals Corp, Lithium Chile e Ultra Lithium.

L’ultimatum arriva dopo in “rigoroso esame” del Governo, fatto nell’ambito dell’Investment Canada Act (ICA). Nel comunicato, fra le altre cose, si parla di problemi legati a “trasparenza” e “certezza”.

“Mentre il Canada continua ad accogliere investimenti diretti dall’estero, agiremo con decisione quando questi minacciano la nostra sicurezza nazionale e le nostre catene di approvvigionamento di minerali critici, sia in patria che fuori”, sono le parole con cui Champagne commenta la decisione.

La porta, quindi, non è chiusa a tutti i partner stranieri. Il ministro lo dice a chiare lettere: “Il Governo federale è determinato a lavorare con le imprese canadesi per attrarre investimenti diretti esteri da aziende che condividono i nostri interessi e valori”.

Sovranismo all’orizzonte

Immediata, ovviamente, la reazione di Pechino, che risponde per bocca del ministro del Esteri, Zhao Lijian: “La Cina esorta il Canada a smettere di prendere di mira in modo irragionevole le aziende cinesi e a fornire loro un ambiente commerciale equo, imparziale e non discriminatorio”. All’invito segue la minaccia di valutare delle controffensive.

E così, dopo gli States, anche i vicini del nord danno il benservito ai cinesi. Il pericolo di una guerra commerciale c’è, con il rischio per l’Europa di diventare vittima collaterale, a meno che non convinca Washington a fare un passo indietro sull’IRA e tutelare le Case Ue. Il sovranismo dell’auto elettrica aleggia ancora.