Ci sono persone che hanno una visione più chiara di altre. Che giocano in anticipo sui tempi e cavalcano un’onda ancora invisibile ai più. No, non stiamo parlando di Elon Musk, ma di Mate Rimac, ingegnere croato che a soli 21 anni ha fondato l’omonima Casa automobilistica e che ora, a 33 anni, siede sulla poltrona di Ceo (e di socio di maggioranza) della neonata joint-venture Bugatti-Rimac, gruppo che vede tra gli azionisti anche soggetti come Porsche e Hyundai.
Ma dove nasce il successo di Rimac? Come ha fatto una startup di giovani ingegneri di Zagabria a conquistare il mondo, seppur in un una nicchia come quella delle hypercar elettriche? Semplice: con tanto lavoro e un’intuizione precisa: creare per primi un powertrain per super sportive a zero emissioni che potesse essere anche venduto a terzi.
Un piano dettagliato
Partiamo da una considerazione di carattere storico. Rimac è nata nel 2009. All’epoca di auto elettriche sportive in circolazione non ce n’era neanche una. C’era la Tesla Roadster, che però si basava su presupposti completamente diversi, nascendo sul telaio della Lotus Elise. In Rimac l’idea era di progettare un’auto elettrica ad alte prestazioni partendo da un foglio bianco. Un concetto ora comune a tanti, ma allora davvero insolito. Ed è questo il primo pilastro su cui la Casa croata costruisce il successo.
Mate Rimac ha anche una seconda intuizione: iniziare a produrre componenti per altre Case per consentire a Rimac di diventare economicamente autosufficiente. E poi, solo dopo, realizzare una propria vettura. E questo è il secondo pilastro del successo del brand: perché è in questo modo di lavorare, nella capacità di offrire ad altri e di essere aperti a condividere le proprie tecnologie che la Casa pone le basi di quel processo di crescita che ha portato alla creazione della joint-venture con Bugatti.
Tecnologia all’avanguardia
Un conto è avere le idee chiare; un altro è metterle in pratica. Mate Rimac, come detto, ha avuto l’intelligenza di capire in che direzione stava andando l’automotive lanciandosi tra i primissimi al mondo nel progetto di una supercar elettrica e definendo una strategia vincente. Ma per avere successo era necessario poter contare su componenti e tecnologie migliori di quelle offerte dalla concorrenza.
Per dare sfoggio delle proprie capacità Rimac presenta nel 2014 la Concept One: hypercar da 1.088 CV con 1.600 Nm di coppia in grado di scattare da 0 a 100 in 2”6 e di raggiungere la velocità massima di 355 m/h. Sono numeri impressionanti, che si sposano con un design riuscito e con un telaio raffinato, con un torque vectoring rivoluzionario, e addirittura un sistema di infotainment con un’interfaccia utente tra le più evolute sul mercato.
A caccia di fondi
Motori, batteria, elettronica: tutto era pensato per massimizzare le prestazioni di un’auto a zero emissioni. Ed era “regolarmente in vendita” per qualsiasi Casa avesse voluto acquistare quello schema, che intanto, dalla Concept One in avanti, viene evoluto costantemente. Il costruttore croato migliora ulteriormente le proprie competenze e attrae investitori di prestigio come Porsche e Hyundai, che acquistano rispettivamente il 15,5% e il 14% di Rimac. Senza dimenticare Camel Group, azienda cinese produttrice di batterie, che arriva a detenerne il 19%.
Arrivano investimenti e si lavora sulla tecnologia. Rimac presenta la concept C-Two, che viene mostrata al Salone di Ginevra del 2018 e che alza ulteriormente l’asticella di quello che l’azienda croata è in grado di fare. Da quella concept deriva la Nevera: quattro motori elettrici, 1.914 CV, 2.300 Nm di coppia, 0-100 in meno di 2” e una velocità massima di 415 km/h. E come se non bastasse un sistema di guida autonoma di Livello 4. Pininfarina acquista proprio quella tecnologia come base di partenza per la Battista. Aston Martin e Koenigsegg si rivolgono a Rimac per l’elettrificazione delle loro auto.
I punti di forza di Rimac
Insomma, dal punto di vista ingegneristico Rimac ha raggiunto in 10 anni di duro lavoro un livello di prestazioni e conoscenza che altre Case ancora cercano di acquisire e che ha permesso ai ragazzi della Casa di Zagabria di realizzare il proprio sogno, arrivando oggi a fondersi con un marchio che da oltre 110 anni rappresenta l’eccellenza automobilistica sotto ogni aspetto come Bugatti.
- Batteria: si tratta di un accumulatore che ha una grande densità energetica e una capacità di 120 kWh, ma soprattutto può rilasciare tanta potenza. Arriva a 1,4 MW in uscita, un valore che permette di avere prestazioni pazzesche, ma garantisce anche un’autonomia adeguata. Ed è questo compromesso il più difficile da trovare su un’auto ad altissime prestazioni. Inoltre, la batteria ha architettura a 800 volt e ricarica fino a 500 kW di potenza.
- Layout: la Rimac Nevera adotta un guscio centrale in carbonio al di sotto del quale i moduli della batteria sono disposti a T: partono da in mezzo ai due sedili e poi si allargano nella parte posteriore. Questa soluzione permette di tenere il baricentro dell’auto molto basso e una posizione di guida corretta per una vettura sportiva.
- Raffreddamento: le 21.700 celle cilindriche che compongono la batteria sfruttano un impianto di raffreddamento evoluto, che lavora solo sulla parte superiore e sulla parte inferiore delle celle. Questo perché le celle irradiano calore verso le estremità e quindi si ottengono ottimi risultati nella gestione delle temperature senza la necessità di adottare un liquido refrigerante anche sulle pareti laterali con risparmio di peso e ingombri.
- Motori: la Nevera presenta quattro motori. I due anteriori generano 299 CV ciascuno, e sono abbinati ad altrettante trasmissioni monomarcia. Quelli posteriori erogano 653 CV ciascuno in questo caso abbinato a cambi a due marce che permettono di inserire un rapporto “più lungo” quando si viaggia a velocità elevate.
- Elettronica: la presenza di quattro motori, con ciascuno che trasferisce coppia motrice ad una singola ruota, ha permesso a Rimac di realizzare un torque vectoring elettronico particolarmente evoluto che garantisce massima trazione in ogni situazione. Inoltre, permette anche di effettuare numerose regolazioni per cucirsi addosso la vettura che più si preferisce, lavorando sulla distribuzione della spinta tra i due assi e sui livelli di intervento dell’Esp.