La transizione energetica è un po’ il cuore del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, che mette sul piatto - tra le altre cose - 750 milioni di euro per installare oltre 20.000 colonnine in tutta la Penisola. Basteranno? Alla domanda hanno dato una risposta Motus-E in un report messo a punto insieme a Strategy& Pwc.

L'analisi, dal titolo “Pnrr e Infrastruttura di Ricarica per la mobilità elettrica in Italia @2030: opportunità e indirizzi strategici”, dimostra che, con un po’ di attenzione nella gestione delle risorse, non solo i soldi sarebbero sufficienti, ma addirittura avanzerebbe denaro. E neanche poco.

Cosa fare con l’eccedenza

Dei 750 milioni di euro, ne occorrerebbero solo 500 per veder nascere i 21.400 punti di ricarica fast e ultra fast previsti dal Piano entro il 2026. Secondo lo studio, è “fattibile la realizzazione di un mix bilanciato, con potenze tra i 50 kW e i 350 kW (25% tra 50-100 kW, 50% tra 100-200 kW e 25% da 200 kW e oltre)”.

Colonnine nell'area di servizio Flaminia Est

I 250 milioni “in più” potrebbero essere quindi utilizzati per finanziare altri progetti. Prima di tutto, auspica l’associazione, per realizzare “un numero maggiore di punti di ricarica ad alta potenza o di punti a bassa potenza in zone a domanda debole (quasi 5.000 Comuni)”. Altre aree di intervento potrebbero essere le infrastrutture in autostrada, “progetti virtuosi come il VGI (Vehicle - Grid Integration) o un programma innovativo di ricarica pubblico/privata”.

Motus-E fa sapere poi che, “applicando i criteri di ritorno dell’investimento, di una minima capillarità geografica da garantire in tutte le regioni, di disponibilità dei fondi e di mercato dei veicoli elettrici, il punto d’arrivo al 2030, secondo l’analisi, si proietta a circa 108.000 punti di ricarica (di cui 51% in corrente alternata, più lente, e 49% in corrente continua, più veloci). Anche la regione con minori fondi assegnati vedrà l’installazione di circa 490 nuovi punti di ricarica ad alta potenza (la Valle d’Aosta, con 488 punti, ndr)”.

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Non solo benzinai

L’associazione lancia anche un allarme: “Non concentrare le risorse del Pnrr dedicate all’installazione dei punti di ricarica nei soli distributori di benzina, poiché si perderebbe il vantaggio di poter sfruttare aree diverse, comprese quelle di sosta, e minimizzare i costi ed i tempi di connessione alle reti di distribuzione”. Alcune anticipazioni erano state rilasciate durante e_mob, il festival della mobilità elettrica in Italia.

Al servizio di tutti

“Con questo studio – ha dichiarato Francesco Naso, segretario generale di Motus-E – vogliamo fornire uno strumento concreto per lo sviluppo di una rete di ricarica adatta al nostro Paese. Il trend di crescita degli EV ci conferma che sarà sempre più importante mettere a disposizione degli automobilisti un’adeguata rete di infrastrutture di ricarica. Con questo nuovo studio abbiamo cercato, insieme ai nostri associati, di trovare soluzioni concrete per razionalizzare, ottimizzare e velocizzare l’installazione dei punti di ricarica ad alta potenza. L’analisi è al servizio di tutti gli stakeholder e dei policy maker”.