Fondamentali per raggiungere gli obiettivi Ue di decarbonizzazione nel 2050, i furgoni elettrici devono ancora percorrere un po’ di strada prima di dare il loro contributo. Eppure le possibilità non mancherebbero, soprattutto dando un’occhiata ai costi di gestione, già inferiori rispetto a quelli delle controparti a diesel. Almeno in Italia.

Ne è sicura l’associazione ambientalista Transport & Environment (T&E), che ha chiesto a Dataforce di realizzare uno studio sul total cost of ownership (Tco) nei sei Paesi europei che rappresentano il 76% delle vendite di e-van. Oltre al nostro, ci sono Francia, Germania, Polonia, Spagna e Regno Unito. I risultati dalle nostre parti? Eccoli.

Fino al 20% in meno

Un furgone elettrico medio, stando al report, costa complessivamente il 20% in meno al chilometro di uno a gasolio. E non è un caso che il dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti stimi la parità dei prezzi a listino entro il 2030.

I risultati dello studio

Nelle pagine dell’analisi, è presente poi un sondaggio svolto tra 128 italiani, fra aziende e privati, che dimostra come il mercato della Penisola sarebbe già pronto al passaggio alle zero emissioni.

Circa il 35% delle flotte è infatti già a batterie, mentre il 45% dei gestori prevede di acquistare un e-van nel 2022. È invece dell’11% la quota di intervistati che progetta di comprarne uno entro i prossimi 5 anni.

“Un furgone elettrico – commenta Carlo Tritto, policy officer di T&E – batte un modello diesel sui costi e gli acquirenti di furgoni lo sanno. Infatti, non è un caso che le vendite di tali veicoli continuano a crescere, anche a fronte della recente interruzione degli incentivi all’acquisto”.

Dando i numeri, gli e-van rappresentano in Italia una quota di mercato del 2%, in ritardo però rispetto al 5% delle auto elettriche. Leggermente più alto il market share in Europa, con una fetta che nel 2021 ha rappresentato il 3%.

Aumentare gli obiettivi

Di fronte a queste cifre, la domanda è: cosa frena la corsa di questi veicoli commerciali? L’associazione dà la sua risposta: offerta carente e target climatici europei troppo timidi. Gli standard proposti, secondo Transport & Environment, sono “troppo deboli”, perché lasciano “invariati gli obiettivi per il decennio in corso” e “non richiedono ai produttori di aumentare le vendite di furgoni elettrici oltre una quota del 10% prima della fine del decennio”.

T&E ha invece calcolato che facendo meglio si porterebbero “1 milione di furgoni elettrici in più sulle strade d’Europa entro cinque anni, per un risparmio di emissioni pari a 5,6 Mt di CO2 nel 2027 – equivalenti all’inquinamento annuale dell’intera flotta di furgoni spagnoli”. Ma non solo:

“Norme più severe ridurrebbero anche il consumo annuale di petrolio dei furgoni europei del 7% nel 2027, un passo importante per porre fine alla dipendenza dalle importazioni di fonti fossili russe. In aggiunta, obiettivi più ambiziosi farebbero risparmiare alle imprese europee 13,1 miliardi di euro nel periodo 2025-2030 grazie ai minori costi di gestione dei furgoni elettrici”.

Lo ribadisce anche Tritto: “I furgoni elettrici permettono di ridurre la nostra dipendenza dal petrolio e di far risparmiare miliardi di euro alle imprese europee già durante questo decennio. Ma per far accadere questo, i volumi di vendita devono salire considerevolmente. Ora sta agli Stati membri e agli eurodeputati aumentare l’ambiziosità degli obiettivi di CO2 dei furgoni nuovi ed assicurare che molti più furgoni elettrici siano venduti sul mercato”.

I benefici secondo T&E

Appello all’Europa

Per questi motivi, l’associazione chiede a Bruxelles di aumentare gli standard sulle emissioni per i nuovi e-van, con un taglio del 25% nel 2025, del 45% nel 2027 e dell’80% nel 2030. T&E chiude ricordando che c’è tempo fino all’estate per decidere.