È con una domanda molto semplice e, al tempo stesso, molto complicata da trattare che si apre l’edizione 2022 degli Electric Days, il più grande evento sulla mobilità sostenibile nella Penisola promosso da InsideEVs.
“L’auto elettrica fa bene o male all’Italia?”. Dietro l’interrogativo si nascondono tante questioni, che vanno dalla riduzione delle emissioni alle politiche su incentivi e colonnine di ricarica, passando per la conversione delle industrie e delle competenze dei lavoratori.
Serve coerenza
Nessun dubbio sulla risposta, ovviamente, da parte dell’associazione Motus-E, presente al talk con il segretario generale Francesco Naso, che apre la discussione: “Comprendiamo i timori di alcune categorie sull’affrontare una transizione importante, come i lavoratori che devono acquisire nuove competenze e le imprese che devono investire soldi per cambiare il loro prodotto”, è il suo punto di vista.
“Ma – continua Naso – l’Italia non può fermare da sola una rivoluzione che ha investito il mondo”. Gli esempi sono tanti, come le Case auto che stanno puntando sull’elettrificazione, o le imprese che vogliono installare le infrastrutture. Invece di fermarsi, cosa può fare il nostro Paese? Secondo Naso, è trovare una “comunione d’intenti”. In pratica, fare squadra. Per vincere la sfida, però, serve coerenza. Cosa che, secondo Motus-E, il Governo non ha ancora trovato.
Lo dimostrerebbero le ultime politiche che incentivano l’acquisto di auto fino a 35.000 euro, mentre il Pnrr finanzia contemporaneamente l’installazione delle colonnine ad alta potenza, che le vetture protagoniste dei bonus non possono sfruttare al 100%. “Ci piacerebbe che ci fosse una visione comune”, conclude Naso.
Gli incentivi? Bene, ma...
A proposito di incentivi, cosa pensano gli ospiti dell’ecobonus auto? Risponde il direttore generale di Unrae, Andrea Cardinali: “Di buono c’è che le misure non sono retroattive, come abbiamo visto talvolta in passato, ma ritengo che l’allocazione dei fondi su tre fasce avrebbe potuto essere ottimizzata”. Perché?
“Probabilmente – spiega – ci sarà un esubero sulla fascia 21-60 grammi di CO2 per chilometro, mentre i soldi saranno sufficienti per la fascia 0-20 ed evaporeranno per la terza fascia”. Spazio anche per un commento su una “novità negativa”: la “preclusione alle persone giuridiche”, che sembra essere stata inserita per “evitare le autoimmatricolazioni”, quando “sarebbe bastato inserire il vincolo dei 12 mesi”. Così “si ammazza il motore della transizione, che sono le imprese”. E poi c’è il “price cap” a 35.000 euro che “grida vendetta”.
In più, le lungaggini che stanno rallentando l’entrata in vigore del decreto automotive provocheranno un “effetto limitassimo sul mercato 2022”. I benefici si vedranno solo “a novembre, quando i bonus andranno a regime”.
Non solo elettrico
Meno decisa è invece l’adesione di Marco Stella, vicepresidente di Anfia: “Il treno della transizione è partito, va velocissimo e noi vogliamo salire”. Ma le vetture a batteria, dal suo punto di vista, pur essendo “una delle soluzioni più importanti”, non sono le uniche.
“L’industria – specifica – chiede un approccio neutrale dal punto di vista tecnologico”, che “non sposi solo l’auto elettrica”, perché “ci sono altre tecnologie, come i biocarburanti e i carburanti sintetici”. La priorità deve essere mantenere i livelli di occupazione, aiutando i lavoratori ad acquisire le nuove competenze.
Il compito dello Stato
È infatti “dall’impatto sociale” che capiremo se l’auto elettrica fa bene o male all’Italia: parola di Michele De Palma, segretario generale della Fiom. L’obiettivo è ovviamente quello di aiutare le nuove vetture a fare bene. Per raggiungerlo “è necessario governare la transizione”.
Già, ma come? L’arma deve essere “un accordo a tre fra imprese, Governo e rappresentanza dei lavoratori”. De Palma denuncia però che “c’è una grande assenza” in questa triade, che “all’estero non c’è”. Facile indovinare di chi si tratta. Anche perché De Palma fa poi capire che i tavoli automotive non stanno funzionando alla perfezione. Il treno sta dunque correndo, ma la locomotiva deve fare la parte più importante.