Il percorso è ancora lungo, ma il 7 giugno rappresenta già un primo spartiacque per il futuro dell’auto. Quel giorno, il Parlamento Ue sarà chiamato a discutere in plenaria sullo stop alle vendite di vetture a benzina e diesel dal 2035, proposto dalla Commissione europea nel pacchetto di riforme climatiche Fit for 55. Il voto è previsto per l’8 giugno.
Un passaggio che deciderà la posizione dell’Europarlamento nella trattativa con gli Stati membri, che diranno la loro nel Consiglio Ambiente del 28 giugno. Seguirà la trattativa tra le Istituzioni, che nell'ambito del cosiddetto trilogo comprenderà anche una serie di dialoghi informali con l’obiettivo di portare a un accordo sulle norme finali in materia di emissioni.
Il procedimento andrà poi avanti con una “seconda lettura”, in cui Parlamento e Consiglio Ue valuteranno le reciproche posizioni e approveranno o respingeranno la proposta. Il tutto, dopo che la commissione Ambiente all’Europarlamento (Envi) ha già dato il suo primo “sì” al phase-out delle auto termiche. Un primo semaforo verde di Strasburgo nel voto di martedì 7 avrebbe un peso molto importante sulle successive trattative.
La roadmap
In ballo, però, non c’è “solo” la messa al bando definitiva alle auto endotermiche, ma anche la roadmap che ci dovrà accompagnare all’appuntamento con la totale decarbonizzazione delle nuove immatricolazioni. Sono stati proprio gli eurodeputati della Envi a indicare le tappe intermedie.
I parlamentari europei chiedono alle Case di ridurre le loro emissioni – rispetto ai livelli del 2021 – del 20% nel 2025 e del 55% nel 2030. Per quanto riguarda i furgoni, i costruttori dovrebbero tagliare la CO2 dei nuovi veicoli del 15% nel 2025 e del 50% nel 2030. Anche per i van, addio ai motori a combustione dal 2035.
Obiettivi sulla CO2 | Auto | Furgoni |
2025 | -20% | -15% |
2030 | -55% | -50% |
2035 | -100% | -100% |
Chi dice sì
Tanti i sostenitori della proposta: sono 51, sparse in 12 Paesi, le associazioni che in questo senso hanno firmato una lettera aperta all’Unione europea, tra cui Transport & Environment e, per l’Italia, Adiconsum, Altroconsumo, Cittadini per l’aria, Ecco, Fridays For Future (Italia), Kyoto Club, Legambiente, Rinascimento green e Sbilanciamoci.
Dopo aver sottolineato che i veicoli a benzina e diesel sono responsabili del 15% delle emissioni in Ue e che ogni anno costerebbero la vita a “40.000 cittadini europei”, le Ong fanno un elenco di richieste all’Europa, tra cui:
- vietare le vendite di veicoli a combustione entro il 2035, ma possibilmente già dal 2030;
- inasprire gli obiettivi di riduzione della CO2 per il 2025 e il 2030 e fissare un target intermedio del -45% al 2027;
- rigettare quelle che definiscono “soluzioni false” per la decarbonizzazione come i carburanti sintetici, utili invece “per aerei e navi”.

Molto simile è ovviamente la posizione di Motus-E, che commenta l’imminente voto per bocca del segretario generale, Francesco Naso: “Se è vero che il mercato oramai guarda alla batteria, è anche vero che fissare una data per lo stop alle vendite di vetture endotermiche sarebbe un importante segnale per cittadini ed imprese”.
Un pensiero pure sugli efuels, che per Naso “si potrebbero adottare per alimentare le auto a combustione interna del parco circolante restante e per decarbonizzare i settori navali e il settore aeronautico”, ma che “non sono centrali” per le nuove vetture. Altri, però, pensano che i carburanti sintetici siano non solo la risposta migliore alla conversione di navi e aerei, ma anche una valida alternativa ai veicoli elettrici.
Chi dice no
C’è ad esempio Unem, la ex Unione Petrolifera, tra i 107 firmatari di un’altra lettera aperta all’Europa, dove si spiega “l’importanza di un mix tecnologico che comprenda tutte le soluzioni per ridurre le emissioni di CO2, senza ignorare le esigenze di famiglie e industria”.
Anche Acea (European Automobile Manufacturers’ Association) esprime qualche dubbio sul “tutto elettrico”, almeno così come disegnato dall’esecutivo Ue. L’associazione si concentra poi sul nodo infrastrutture: secondo uno studio scritto insieme a McKinsey, per centrare l’obiettivo di tagliare l’anidride carbonica del 55% entro il 2030, servirà “una rete di 6,8 milioni di punti di ricarica pubblici in tutta l’Ue”. Una cifra che rappresenta “quasi il doppio di quella contenuta nella proposta di revisione Afir e ben lontana dai 300.000 punti di ricarica disponibili oggi”.
Tornando in Italia, si può citare invece il caso di Anfia, contraria “ad abbracciare una sola tecnologia, ad oggi di totale dominio asiatico”, e a creare “pericolosi squilibri nel mercato e in ambito sociale, per il forte impatto che implica sul sistema industriale”.
L’invito è ad aprirsi al contributo che “possono dare, insieme all’elettrico, i biocombustibili (Biometano, BioLNG), i carburanti sintetici e l’idrogeno (sia come vettore per il motore endotermico sia le fuel cells)”. Parole, queste, del presidente Paolo Scudieri.

La transizione da noi
Ma il pacchetto Fit for 55 prevede tanto altro: dalle rinnovabili all’agricoltura, passando per allevamenti ed efficienza energetica degli edifici. Proprio alcuni di questi temi sono stati affrontati dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, durante il Festival dell’Economia di Trento 2022.
Dopo aver ricordato della crisi energetica scatenata dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, il responsabile del Mite ha assicurato che la diversificazione delle fonti di gas sta avvenendo e avverrà “mantenendo la promessa di decarbonizzare al 55% (entro il 2030, ndr)”.
Il vero asso nella manica dovranno essere però gli investimenti, perché a fine decennio “ci accorgeremo che quanto fatto non basta, visto che i target al 2050 sono più ambiziosi”. La vera sfida è “tecnologica”, da vincere “investendo in ricerca e sviluppo su fusione nucleare, idrogeno e altro”.
Senza dimenticare un problema annoso della Penisola: la troppa burocrazia. Su questo fronte, il ministro rivendica lo sforzo “rilevante” che sta facendo il Governo per semplificare le installazioni delle Fer. Argomento che sembra stare a cuore anche al presidente del Consiglio, Mario Draghi.