Dubbi attorno all’Inflation Reduction Act, la legge statunitense che tra le altre cose vincola gli incentivi per auto elettriche all’assemblaggio in Nord America e all’uso di batterie prodotte con minerali estratti negli Stati Uniti o in Paesi con cui gli Usa hanno accordi di libero scambio.
Patria di Hyundai e Kia – costruttori senza impianti in Usa –, la Corea del Sud non getta la spugna e tenta ancora la moral suasion su Washington. L’appuntamento è in agenda per venerdì, quando ci sarà un primo faccia a faccia tra i vari rappresentanti.
Tentare ogni strada
A dichiararlo, parlando con i media, è Ahn Duk-geun, ministro coreano del Commercio. Pochissimi i dettagli su cosa si dirà al tavolo delle trattative, ma Seoul fa sapere che tenterà ogni strada per convincere gli States a concedere qualcosa.
Le voci che circolano sono tante: si parla di deroghe, interpretazioni “creative” delle nuove regole o rinvii al 2025, quando Hyundai avrà un suo stabilimento Oltreoceano. In ogni caso, sembra quasi impossibile l'ipotesi di vedere passi indietro totali:
“Parliamoci chiaro – dice uno schietto Ahn –, il problema è che le disposizioni sono ormai legge. Sarà difficile modificarle, perché sono state appena promulgate. Ma anche per quanto riguarda la possibilità di modificarle, cercheremo di trovare tutte le opzioni possibili, compreso un intervento nelle linee guida o l’implementazione dei sistemi”.

Coro di “no”
Non si esclude niente, perché uno strappo nei rapporti Stati Uniti-Corea del Sud non farebbe bene a nessuno. Seoul non è però l’unica ad aver alzato un sopracciglio dopo l’approvazione dell’Inflation Reduction Act. Anche l’Unione europea aveva espresso il suo disappunto, parlando per bocca della portavoce Miriam Garcia Ferrer e denunciando una possibile violazione della World Trade Organization:
“L’Ue è estremamente preoccupata per questo disegno di legge (in quel momento non ancora approvato, ndr) che colpisce il commercio transatlantico, perché riteniamo che discrimini i produttori stranieri rispetto a quelli americani”.
Al coro dei “no” si erano poi aggiunti il Giappone, che sta “seguendo gli sviluppi per valutare come rispondere”, e Acea, associazione delle Case auto europee: “Il campo di applicazione della misura deve essere molto più ampio”, era stato l’appello, seguito da una lunga lista di suggerimenti. Venerdì si potrebbe aprire uno spiraglio.
Fonte: Bloomberg