Non sappiamo bene cosa si celi fra le viscere della terra, ma il sottosuolo italiano fa già grandi promesse. Perché lì, tra le rocce e le acque in profondità, dove le temperature raggiungono i 300 gradi, potrebbe nascondersi un tesoro di oro bianco.
Il litio, per capirci. Componente fondamentale per batterie di auto elettriche e tecnologie legate in generale alla transizione energetica. E persino la farmaceutica potrebbe trarre benefici dai segreti del nostro territorio. Per rivelarli servono però studi, ricerche e investimenti a lungo termine.
Dalla Toscana alla Calabria
L’invito si legge in un’intervista fatta da Repubblica – e firmata Azzurra Giorgi – ad Andrea Dini, ricercatore dell’istituto di Geoscienze e georisorse del Cnr di Pisa, che nei mesi scorsi ha pubblicato uno studio sul potenziale dello Stivale insieme ai colleghi Pierfranco Lattanzi, Giovanni Ruggieri ed Eugenio Trumpy.
Sviscerando dati e osservando nuovi campioni di roccia, l’analisi svela che il Klondike della Penisola sono Toscana, Lazio, Campania e la fascia al di là della catena appenninica. Ma non solo: “Ci sono zone inesplorate, come Sardegna e Calabria, o anche il crinale oltre l’Appennino, fino all’Adriatico, dove ci sono i giacimenti di idrocarburi”, racconta Dini. Posti di cui ancora “si sa poco”.

Batterie agli ioni di litio
La chiave è la geotermia
Repubblica sottolinea poi che uno dei paesaggi più promettenti è quello dell’isola d’Elba: con una cava dal diametro di 500 metri e profonda 50 metri, potrebbero essere estratte 50.000 tonnellate di litio, che ai prezzi attuali – 80 dollari al chilo – significano entrate per 4 miliardi.
Ma c’è un problema: “Parliamo dell’Arcipelago toscano, una zona bellissima, protetta, dove l’economia si basa sulla valorizzazione turistica del territorio”, spiega ancora Dini. Come risolvere? Con i fluidi geotermici:
“Dovremmo intercettarli e portarli in superficie con una tubazione, che passerebbe attraverso un impianto che estrae il litio in maniera diretta. Il fluido resterebbe caldo, ci si potrebbe produrre energia elettrica e teleriscaldamento, poi verrebbe reiniettato a 3.000 metri di profondità. Non andrebbe mai a contatto con l’ambiente esterno”.
Ci pensano anche Enel e Vulcan
Riportare alla luce l’oro bianco italiano sarebbe importante anche per “diversificare la filiera”, come ricorda giustamente Dini. Perché oggi il litio in Europa arriva principalmente da “Australia, Cina, Bolivia e Tibet”. Bastano “una crisi o un blocco commerciale per far andare in tilt il sistema”. Pandemia e materie prime servano da lezione. Per fortuna, in Italia c’è già un primo progetto Enel-Vulcan Energy alle porte di Roma, anche se alle fasi iniziali.
Prima di chiudere, Dini ricorda l’importanza del riciclo: “Finora le batterie al litio sono finite in discarica. C’è bisogno di ricerca scientifica e industriale, per l’ottimizzazione dei processi estrattivi, e di un contesto favorevole agli investimenti di tutta la filiera per arrivare a un’economia circolare”.
Fonte: Repubblica, Cnr