Se il 2021 aveva sorriso all’Italia dell’auto elettrica, il 2022 rischia di essere ricordato come l’annus horribilis. Le immatricolazioni di vetture alla spina sono infatti diminuite, sia in numeri assoluti che nel market share, rendendoci “l’unico tra i grandi Paesi europei a registrare un calo”.

Parola dell’associazione Motus-E, che commenta così i dati di fine anno. Ma non tutto è perduto, anzi. Dopo aver tirato le somme, gli stakeholder della mobilità sostenibile indicano la strada da seguire per rimettere la Penisola in carreggiata. Bisogna però muoversi in fretta, perché il rischio è che il gap con gli altri big europei si faccia sempre più grande.

Fanalino di coda

La ricetta dell’associazione parte proprio dal confronto col resto del Vecchio Continente. Mentre in Italia le vetture full electric conquistavano il cuore di 49.536 automobilisti (-27% circa), pari al 3,7% del mercato, altre realtà, come la Germania, raggiungevano vette del 15,7%.

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Bene sono andate anche Regno Unito (15,1%) e Francia (13%). Solo la Spagna mostra una “quota di mercato analoga all’Italia”, con “l’enorme differenza – spiega però Motus-E – che rispetto al 2021 è cresciuta di oltre un punto percentuale, mentre da noi il trend è esattamente opposto”.

“Senza interventi – è l’allarme dell’associazione –, l’Italia rischia di accumulare un gap difficile da colmare rispetto ai Paesi con cui dovrebbe ambire a confrontarsi”.

Partire dagli incentivi

Come risolvere? Prima di tutto, affrontando uno dei problemi che affliggono il nostro mercato: la “poca pianificazione delle politiche incentivanti”. “Per recuperare terreno – propone Motus-E – si potrebbe partire da un riordino del quadro di supporto alla domanda”.

“Ad esempio – continua –, dando subito continuità agli incentivi al noleggio, equiparandoli come valore a quelli per i veicoli privati senza rottamazione, ma anche allineando il cap di prezzo per le auto elettriche incentivabili (35.000 euro + Iva, ndr) a quello per le ibride plug-in (45.000 euro + Iva, ndr)”.

Rivedere il sistema di incentivi è la prima mossa da fare

Ma non solo. Un’altra leva su cui agire è quella del “trattamento fiscale delle flotte aziendali, che andrebbe rivisto per favorire le auto a zero e a basse emissioni, senza dimenticare poi una maggiore velocità nella messa a terra dei fondi per le ricariche private”. Un nodo, questo delle colonnine, sciolto solo a metà.

Guardando il bicchiere mezzo pieno, “si può trovare comunque un elemento positivo, con il timido recupero negli ultimi mesi dell’anno del noleggio a lungo termine, che ha mostrato da subito una certa reattività all’estensione degli incentivi a questo canale, nonostante le limitazioni dovute a un importo ridotto a 1.500 euro per veicolo”. La mappa dunque c’è. Ora bisogna tracciare la rotta.