Ora si entra nel vivo. Dopo un gran parlare di numeri, discriminazioni e violazione degli accordi internazionali, Europa e Stati Uniti si preparano a mettere la parola “fine” alla querelle sugli incentivi per auto elettriche americane, al centro della bufera politica internazionale perché vincolati al “made in USA”.
Ad annunciare l’apertura ufficiale della trattativa tra Vecchio e Nuovo Continente è Thierry Breton, commissario europeo per il Mercato interno e i Servizi. La Commissione Ue scende quindi in campo per raggiungere il compromesso con i partner d’Oltreoceano.
Le contromosse
Lo riporta la Reuters, senza però riferire le frasi precise di Breton. Pochissimi i dettagli sull’agenzia di stampa britannica: tra questi c’è però la specifica che i colloqui riguarderanno altri aspetti del contestatissimo Inflation Reduction Act (IRA), accusato di protezionismo a stelle e strisce di tutta l’industria green.
Una volta trovata la quadra, si spera in una normalizzazione dei rapporti internazionali, visto che, già ora, si sta creando un asse europeo per ripagare Washington con la stessa moneta. In prima linea si piazzano Francia e Germania. Ma la politica non è l’unica a denunciare il sovranismo dell’America.

Produzione nell'impianto Volkswagen a Chattanooga, nel Tennessee (USA)
Più made in Ue
Anche l’industria porta l’IRA sul banco degli imputati, a cominciare da Acea. L’associazione delle Case auto europee aveva attaccato la legge americana già nei giorni successivi all’approvazione. Poi, però, anche Carlos Tavares, ceo di Stellantis, aveva chiesto più tutela all’auto elettrica made in Ue, parlando al Salone di Parigi 2022. Nel suo mirino era finita in particolare la “asimmetria competitiva” con la Cina:
“Io sono per competere e andare avanti – le sue parole –, ma al tempo stesso chiedo ai leader politici europei di creare condizioni simili a quelle che troviamo noi quando andiamo lì. Non c’è ragione per creare condizioni migliori di quelle che vengono riservate a noi da loro. C’è un problema di asimmetria competitiva che ha bisogno di essere riparato. E questo è compito dell’Unione europea.
Sono (i Costruttori cinesi, ndr) competitor seri e li rispettiamo molto. Vogliamo gareggiare con loro e siamo pronti alla sfida, perché abbiamo le tecnologie e i prodotti per farlo. Non vogliamo però che l’arrivo dei produttori cinesi in Europa crei la situazione che hanno provocato le compagnie low cost, che hanno ammazzato le compagnie di bandiera e portato a rialzi dei costi”.

Carlos Tavares al Salone di Parigi 2022
I rischi
Proprio Tavares, nei giorni scorsi, è tornato a lanciare allarmi e appelli: “La differenza di prezzo tra veicoli europei e cinesi è significativa. Se non cambia nulla, gli automobilisti Ue della classe media si rivolgeranno sempre più ai modelli cinesi. Il potere d’acquisto di molte persone in Europa sta diminuendo notevolmente”. Le soluzioni? Non piacerebbero a nessuno.
“Se si mantiene aperto il mercato europeo, non abbiamo scelta: dobbiamo combattere direttamente i cinesi. E questo vale per l’intera catena del valore automotive. Ciò porterebbe inevitabilmente a decisioni impopolari”
In pratica, chiudere alcune fabbriche. Un’idea che nessuno vuole prendere in considerazione e che, perciò, porta il numero uno di Stellantis a chiedere una “politica commerciale diversa”.
Fonte: Reuters, Automotive News Europe