Secondo quanto mostrato da uno studio recente, un pannello fotovoltaico realizzato in perovskite sarebbe in grado di ricevere luce solare (e quindi di produrre energia) da entrambi i lati.
Questa scoperta apre nuove opportunità nel mondo delle rinnovabili, perché potrebbe indicare la strada per produrre celle fotovoltaiche dal rendimento maggiore, con tutti i benefici a esso connessi. Uno su tutti: la possibilità di produrre una quantità maggiore di energia con impianti fotovoltaici che occupano superfici minori. Ma che cos'è la perovskite?
Cos'è la perovskite?
Il nome venne originariamente coniato da Gustav Rose nel 1840 (in onore del Ministro della Corte Imperiale russa, nonché grande collezionista di minerali, Lev Perovskij). Indicava particolari materiali trovati all'interno dei monti Urali. In dettaglio, la perovskite è un minerale con una struttura a cristalli singoli o a gruppi, generalmente costituito da titanato di calcio, formatosi spontaneamente per gemmazione.
La perovskite possiede importanti proprietà ferroelettriche, piezoelettriche, magnetiche e magnetoelettriche, piroelettriche nonché optoelettroniche e di superconduzione. Alcune perovskiti contenenti cobalto o manganese possiedono anche interessanti proprietà chimiche e possono essere usate come catalizzatori sia nelle reazioni elettrochimiche di combustione. Ma ora torniamo al punto iniziale.
Costi giù, produzione su
Le celle fotovoltaiche realizzate in perovskite potrebbero costare notevolmente meno grazie all'abbondanza dei materiali attivi presenti e a metodi di fabbricazione più semplici, che avvengono a basse temperature e sono applicabili su larga scala. Secondo i ricercatori, addirittura i costi dei pannelli fotovoltaici realizzati con questo minerale potrebbero scendere anche a 10 centesimi di euro per watt. Un bel risparmio rispetto agli attuali 60-65 centesimi di euro a watt.
Se la perovskite potesse effettivamente abbattere così tanto i costi di produzione del fotovoltaico, secondo il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti, l'energia così prodotta potrebbe competere con quella derivata dai combustibili fossili. Questo comporterebbe un'espansione esponenziale della diffusione delle energie rinnovabili.
Tornando alla ricerca principale, condotta dal National Renewable Energy Laboratory (NREL) del Dipartimento dell'Energia statunitense, le celle fotovoltaiche bifacciali catturerebbero la luce solare diretta sul lato superiore e quella che attraversa la cella stessa attraverso il lato inferiore.
"Le celle di perovskite possono funzionare in modo molto efficace da entrambi i lati - ha dichiarato Kai Zhu, scienziato del Chemistry and Nanoscience Center del NREL nonché autore principale dell'articolo, pubblicato di recente su Joule e intitolato "Highly efficient bifacial single-junction perovskite solar cells (Celle solari bifacciali a singola giunzione in perovskite ad alta efficienza)".
Un punto di svolta?
Nelle ricerche precedenti, le celle fotovoltaiche bifacciali non sono state in grado di competere con le celle monofacciali, che attualmente hanno un'efficienza che, nella migliore delle ipotesi, raggiunge il 26%. Ora le cose sembrano diverse. I ricercatori sono riusciti a realizzare una cella fotovoltaica con un'efficienza del lato anteriore superiore al 23% e quella del lato inferiore pari al 91-93% di quella superiore (a conti fatti, oltre il 20%). Questo consentirebbe una produzione di energia superiore fino al 25% maggiore rispetto a quella di prodotti tradizionali.
Questo risultato è stato possibile dopo che si è capito quale fosse il giusto spessore dello strato di perovskite, che nella parte a diretto contatto con la luce doveva assorbire quasi tutti i fotoni, ma che doveva allo stesso tempo farne passare una giusta quantità verso la parte opposta (non sfruttano, quindi, la rifrazione della luce). Dopo diverse simulazioni, si è scoperto che lo spessore corretto doveva essere di circa 850 nanometri. Per fare un confronto, una ciocca di capelli umani ha uno spessore di circa 70.000 nanometri.