Il rischio di frenata della transizione energetica per effetto del Coronavirus (ma anche del crollo del petrolio) ha iniziato già a manifestarsi. Giusto il tempo di segnalare questo possibile problema, infatti, che dal mondo dell’auto è arrivato subito un appello per rallentare il percorso di decarbonizzazione tracciato dall’Unione europea.
Intervistato dal Corriere della Sera, in particolare, il presidente dell’Anfia (l’associazione italiana dell’industria automotive) Paolo Scudieri ha chiesto infatti senza mezzi termini di “spostare di 5 anni il programma che ci siamo dati”. Un messaggio che sollevando lo sguardo sull’intero comparto energetico si scontra con quanto auspicato invece dal numero uno della IEA (l’Agenzia internazionale per l’energia) Fatih Birol, il quale si è rivolto ai Governi di tutto il mondo chiedendo di “non perdere di vista neanche in questo momento di crisi la più grande sfida del nostro tempo: la lotta ai cambiamenti climatici”.
Lo stop dei costruttori
“Avremo un duplice choc sull’offerta e sulla domanda, blocco della produzione e inibizione del consumo”, osserva Scudieri, giustificando la richiesta di frenare sulle politiche per la sostenibilità per via dei minori capitali disponibili per la ricerca e per la gestione della transizione energetica. Certo è che, a ben vedere, da ben prima dell’emergenza sanitaria quasi tutte le Case erano - chi più chi meno - in ritardo con la compliance degli obiettivi ambientali Ue, ed esposte quindi alle multe sulla CO2.
“Il traguardo che ci siamo autoimposti come Europa di abbassare di quasi il 40% le soglie di emissione media delle vetture offerte sul listino non è raggiungibile”, insiste quindi il presidente Anfia, “meno capitali e rallentamento degli investimenti non potranno che allungare il processo di transizione”. Da qui quindi la richiesta di far slittare di 5 anni i target di riduzione delle emissioni al 2030.
Anche di fronte all’impegno profuso dalla nuova Commissione europea per il Green Deal, che prima della crisi sanitaria aveva promesso 1.000 miliardi di euro per la transizione in 10 anni, Scudieri resta sulla sua posizione: “Bisogna essere realisti. Se ci siamo seduti a tavola e non siamo in grado di ordinare un menù completo dovremo accontentarci di un antipasto e di un secondo”.
La transizione come opportunità
A livello globale, la rinvigorita battaglia di retroguardia sulla decarbonizzazione ha però trovato subito un oppositore di peso nell’Agenzia internazionale per l’energia, l’organizzazione intergovernativa che segue il coordinamento delle politiche energetiche dei Paesi Ocse.
“Anche se saranno molto gravi, bisogna ricordare che gli effetti della pandemia saranno temporanei”, spiega il direttore esecutivo, Fatih Birol, “mentre i pericoli posti dal cambiamento climatico, che richiedono una significativa riduzione delle emissioni in questo decennio, rimarranno”.
Osservando come tutte le cancellerie del mondo stiano predisponendo piani poderosi per limitare l’impatto economico del Covid-19, Birol nota che questi pacchetti di stimoli “offriranno un’opportunità molto importante per assicurare che la creazione di un futuro energetico sostenibile non venga sommersa dalle priorità più immediate”.
Il messaggio della IEA quindi è molto chiaro: tenere la barra dritta sullo sviluppo sostenibile per far marciare di pari passo ripresa economica e transizione energetica.
Il ruolo chiave dell’Europa
Di fronte a un dibattito così delicato, noi non possiamo che auspicare un forte impegno da parte dell’Europa per non disperdere quanto faticosamente raggiunto negli ultimi anni, tanto per la mobilità sostenibile che per le energie rinnovabili. Una retromarcia sulla lotta al climate change, soprattutto in un momento di bassi prezzi del petrolio, rischierebbe infatti di paralizzare il circolo virtuoso che si era messo in moto con la consapevolezza (finalmente) acquisita che tutela ambientale può fare rima con crescita economica.
La speranza, quindi, è che una volta superata questa drammatica emergenza Bruxelles trovi insieme alla BCE la forza di reagire in modo unito a questa crisi, puntando con risorse adeguate a un nuovo modello di sviluppo che non lasci indietro nessuno, ma con una ricetta sostenibile per l’ambiente.
Del resto, conclude Birol, “il Coronavirus sta già causando danni drammatici in tutto il mondo. Invece di aggravare la tragedia consentendogli di ostacolare anche la marcia verso un futuro più pulito, cogliamo l’opportunità per fare sì che acceleri questa transizione”.