In Inghilterra e negli States due gruppi di ricercatori stanno lavorando su metodi del tutto innovativi per riciclare le batterie delle auto elettriche. Si tratta di due progetti distinti che potrebbero abbassare drasticamente sia i costi che le emissioni di CO2 del comparto, permettendo al contempo di gestire il repentino innalzamento della domanda di accumulatori.

Queste nuove tecniche potrebbero risolvere il problema dell’approvvigionamento di materie prime come il cobalto e il nichel, la cui richiesta sta aumentando a ritmi vertiginosi. Inoltre, proprio grazie a questi nuovi metodi, l’Europa e gli Stati Uniti potrebbero ridurre la loro dipendenza dalla Cina in tema di materie prime critiche e batterie. Partiamo dal Regno Unito.

Un problema “complesso”

“Non possiamo riciclare prodotti complessi come le batterie nello stesso modo in cui ricicliamo altri metalli – ha spiegato Gavin Harper, ricercatore all’ente britannico Faraday Institution – la distruzione e la ricomposizione delle varie componenti di una batteria riduce la quantità e il valore delle materie riciclate. E lo stesso fa la pirometallurgia, costosa pratica che consiste nell’estrazione dei metalli ad alte temperature attraverso l’uso di altoforni”.

Gli odierni metodi di riciclo delle batterie si basano principalmente sulla triturazione delle varie parti in piccoli pezzi, conosciuti come black mass. Questa "massa nera" viene successivamente processata per separare metalli e terre rare che potranno poi essere riutilizzati. E qui si inserisce il lavoro dei ricercatori americani e inglesi. Che stanno mettendo a punto il cosiddetto direct recycling, che preserverebbe componenti fondamentali come catodo e anodo e potrebbe ridurre drasticamente lo spreco di energia e i costi della mano d’opera.

Riciclo batterie

Il riciclo con gli ultrasuoni

I ricercatori delle Università di Leicester e di Birmingham, che lavorano al progetto ReLib del Faraday Institution, hanno trovato un metodo che attraverso gli ultrasuoni permette di riciclare il catodo e l’anodo senza la triturazione. E hanno richiesto di brevettare la loro scoperta.

L’innovativa tecnologia recupera la polvere del catodo - costituita da cobalto, nichel e manganese - dal foglio di alluminio a cui la polvere è incollata durante la produzione della batteria. La polvere dell’anodo, che di solito è grafite, è invece separata dal relativo foglio di rame. Andy Abbott, professore di chimica fisica all’Università di Leicester, ha dichiarato che i materiali separati con gli ultrasuoni sono il 60% più economici.

Confrontata a tecnologie più convenzionali basate sull’idrometallurgia, che usano liquidi come l’acido solforico e l’acqua per estrarre i materiali, la tecnologia ultrasonica può processare una quantità di materiali 100 volte superiore nello stesso lasso di tempo. Il team di Abbott ha separato le celle della batteria manualmente per testare il nuovo metodo, ma ReLib sta lavorando si un progetto che prevede l’utilizzo di robot per smontare i moduli in maniera più efficiente.

Panasonic Batteries

Il progetto ReCell

Negli Stati Uniti, invece, un progetto del Dipartimento dell’Energia finanziato dal Governo e chiamato ReCell sta sviluppando delle promettenti tecnologie di riciclo che riabilitano gli elettrodi usati rendendoli come nuovi. Il progetto ReCell, guidato da Jeff Spangenberger, ha messo a punto alcuni metodi, tra cui quelli con gli ultrasuoni, che si servono di solventi o che sfruttano particolari trattamenti termici.

“Gli Stati Uniti non hanno una vasta produzione domestica di elettrodi – ha spiegato Spangenberger - e dunque se usiamo l’idrometallurgia o la pirometallurgia, siamo costretti a inviare i materiali riciclati ad altri Paesi in modo che questi producano nuovi elettrodi che devono poi rientrare negli Usa. Con le nostre tecnologie, invece, possiamo incoraggiare la crescita di un’industria nazionale, aumentando i profitti per chi ricicla e abbassando i costi di produzione di nuove batterie”.

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Il problema della chimica

Il direct recycling ha sviluppi promettenti. Ma oltre a dover essere messo a punto per poter essere applicato su scala industriale, deve fare i conti anche con le diverse composizioni chimiche delle batterie.

In passato, le celle avevano una composizione NMC 1-1-1, in cui cioè nichel, manganese e cobalto erano presenti in parti uguali. Oggi invece sul mercato si trovano celle di tipo 5-3-2, 6-2-2 o 8-1-1. Ogni tipo deve chiaramente trovare un metodo di riciclo adatto. E per la produzione di alcuni tipi di batteria sarà necessario utilizzare mix di metalli riciclati e metalli di nuova estrazione. La strada potrebbe essere ancora lunga, ma di sicuro quella che si è iniziata a tracciare potrebbe essere la via del successo.