Parlando di mobilità a zero emissioni, le batterie agli ioni di litio sono ancora il miglior compromesso tra prestazioni e costi di produzione. Ma sul mercato si sta affermando una nuova chimica: quella al litio-ferro-fosfato (LFP). 

Paga qualcosa in termini di densità energetica, ma è molto meno costosa da produrre, per via del fatto che utilizza materiali economici e di facile reperimento. La Cina è la maggior produttrice di questo tipo di batterie e anche la maggior utilizzatrice. Molte delle vetture elettriche economiche prodotte nel Paese del Dragone, infatti, già adottano accumulatori LFP. Ma la tecnologia sta prendendo velocemente piede anche in Occidente.

Come sono fatte

Le batterie litio-ferro-fosfato hanno un funzionamento analogo a quelle comunemente dette agli ioni di litio. Anzi, sfruttano anch’esse il passaggio di ioni di litio tra i due elettrodi nei cicli di carica e scarica. A cambiare sono i materiali degli elettrodi stessi e del separatore, realizzati senza l’uso di nichel, cobalto o altre materie prime costose e preziose.

Batterie LFP: vantaggi

Oltre a vantaggi a livello economico (si parla di 100 dollari al kWh) e di materie prime già citato, le batterie LFP sono preferibili a quelle NMC (nichel-manganese-cobalto) convenzionali per altre loro caratteristiche intrinseche. 

Batteria LFP Tesla Model 3 (fonte: Munro Live)

Batteria LFP di una Tesla Model 3

Prima di tutto durano più a lungo. Spesso possono arrivare a superare i 10.000 cicli di carica e scarica senza compromettere eccessivamente le prestazioni (le batterie agli ioni di litio arrivano a circa 3.000 cicli e poi vengono generalmente utilizzate per altri scopi, diversi dall’uso in auto elettrica).

Poi sono anche più sicure, perché sono meno infiammabili e resistono meglio al calore, e possono rilasciare l'energia in modo più rapido, perché hanno una minore resistenza interna. Infine, possono anche scaricarsi completamente senza subire danni di grossa entità.

Batterie LFP: svantaggi

Di contro, come già detto, le batterie LFP hanno una minore densità energetica rispetto a quelle NMC. Questo significa che devono essere più grandi e pesanti per garantire un’autonomia equivalente. Oppure, a pari dimensioni e massa, fanno percorrere meno strada tra una sosta alla colonnina e l’altra.

La produzione di batterie nella fabbrica Svolt

La produzione di batterie nella fabbrica Svolt

La differenza però si sta assottigliando. Se in passato si parlava anche di un 70% in meno, ora si arriva al 20-25%. Anche meno, con prodotti di ultima generazione. Svolt ha una batteria LFP che arriva a 200 Wh/kg, mentre CATL ne una che supera i 160 Wh/kg.

Le batterie LFP, poi, hanno un voltaggio più basso (3,2 V contro 3,7 V) e patiscono tantissimo le basse temperature. Soprattutto in fase di ricarica, rallentano tantissimo la velocità con cui sono in grado di accettare energia elettrica allungando di molto il tempo necessario per ricevere un pieno di elettroni.

Volvo EX30

Volvo EX30 le versioni d'attacco avranno batteria LFP

Chi le usa e quando sono arrivate

Come detto, la Cina ha investito prima e più degli altri su questo tipo di batterie (arrivate sul mercato già prima della pandemia). L'ha fatto perché ha sentito più di altri Paesi la necessità di abbassare il prezzo delle sue auto elettriche per favorire le vendite. BYD, per esempio, ha presentato la sua Blade Battery, che proprio chimica LFP adotta, ma i Costruttori che hanno prodotti simili sono tantissimi. NIO, JAC, GAC, Anche perché i principali produttori di batterie, da CATL a scendere, hanno in portafoglio prodotti di questo tipo.

Se in passato le batterie LFP erano quesi esclusivamente “dalla Cina per la Cina”, oggi le cose stanno cambiando velocemente. Tesla, per esempio, usa questo tipo di accumulatori per le versioni basse di gamma di Model 3 e Model Y. Stessa strategia per Volvo, Hyundai, Stellantis e Ford, tanto per fare qualche nome.