Da quando sono stati inventati, alla fine del XIX secolo, i pneumatici hanno rivoluzionato il nostro concetto di mobilità: ce n’è di ogni foggia e dimensione ed è quasi impossibile trovare un mezzo di trasporto su terra (a parte quelli su rotaia) che non li usi. Auto, bus, pullman, camion, biciclette, monopattini elettrici: sono ovunque.
La gomma con cui sono realizzati, la vera chiave del loro successo, è ancora insostituibile a distanza di oltre 150 anni: non c’è altro materiale che ne possa insidiare la diffusione. E per quanto sia convinzione comune che non sia facile da smaltire, grazie ad una serie di processi di recupero, una volta arrivata a fine vita ha anche un impatto sull’ambiente che può essere molto limitato.
Una situazione in evoluzione
Ecco, proprio l’attenzione all’ambiente è un punto cardine della strategia di molte aziende di pneumatici. Michelin, ad esempio ha annunciato di voler arrivare al 2048 a produrre gomme con soli materiali sostenibili.

Inoltre, il colosso francese si è anche posto l’obiettivo di presentarsi in quella data con pratiche di riciclo al 100% delle gomme usate, un risultato che sarà raggiungibile grazie ai comportamenti virtuosi di tutta la filiera produttiva.
Ma come si ricicla un pneumatico?
Quando la gomma è usurata
Partiamo da un dato: le gomme si cambiano periodicamente. Ogni automobilista sa che se sono usurate perdono in affidabilità e prestazioni su fondi bagnati e a scarsa aderenza, ed essendo l’unico punto di contatto tra l’auto e l’asfalto, è facile capire il ruolo chiave che rivestono in termini di sicurezza.

La legge parla chiaro: quando lo spessore del battistrada (da intendersi come la profondità delle scanalature del pneumatico) è inferiore a 1,6 mm, cioè quando il battistrada raggiunge il livello della apposita “tacchetta” indicativa che si trova tra gli intagli, la gomma ha (letteralmente) finito la sua corsa. A quel punto, però, entra in un’interessante seconda fase di utilizzo.
Ricostruzione o smaltimento
Arrivato a fine vita, il pneumatico usurato può prendere due strade: può essere ricostruito oppure smaltito, diventando in questo secondo caso un Pneumatico Fuori Uso (PFU). I pneumatici ricostruiti sono ottenuti attraverso un secondo processo di vulcanizzazione che permette di creare un nuovo battistrada con un utilizzo ridotto di materie prime.
Nel caso dello smaltimento, invece, il processo porta alla frammentazione di un PFU in parti sempre più piccole fino ad ottenere due prodotti distinti: da una parte il cosiddetto polverino di gomma, che rappresenta circa un 70% del risultato finale, dall’altra un materiale adatto a diventare combustibile per la produzione di energia.
• Polverino: 70%
• Combustibile: 30%

Un processo sempre più efficace
In termini di smaltimento dei Pneumatici Fuori Uso sono stati compiuti progressi. I processi adottati, infatti, con il tempo, sono diventati più efficaci (recuperando percentuali via via maggiori) e più efficienti (riducendo consumi energetici e sprechi).
E la ricerca non si ferma: nella primavera 2020, ad esempio, Michelin ha siglato un accordo con la svedese Enviro (di cui l’azienda francese è diventata anche maggiore azionista) per arrivare all’industrializzazione su larga scala di un’innovativa tecnologia che attraverso un processo chimico dal consumo energetico contenutissimo permette di ottenere prodotti di qualità come oli di pirolisi, nerofumo e gas di sintesi che possono essere riutilizzati come materie prime in diversi ambiti.
Tutti gli usi del polverino
Anche il polverino può avere diversi impieghi. Nell’edilizia, ad esempio, dove è utilizzato per la creazione di isolanti acustici o di rivestimenti impermeabilizzanti.
Ma anche nell’industria, per la produzione di cemento, o nella realizzazione delle strade, ambito in cui è aggiunto al catrame per la produzione di asfalti più sostenibili e dalle migliori prestazioni meccaniche, meno rumorosi e anche più duraturi.
Infine, può essere usato in ambito sportivo, per la costruzione di piste di atletica, per la pavimentazione dei campi da gioco e per la produzione di rivestimenti in erba sintetica.
• Edilizia
• Industria del cemento
• Pavimentazione strade
• Impianti sportivi

Un combustibile, due vantaggi
Il materiale proveniente dallo smaltimento che non è trasformato in polverino, come detto, viene invece trattato per ottenere un combustibile per la produzione di energia. La gomma, infatti, ha un potere calorifero comparabile a quello del coke petrolifero (prodotto ottenuto dalla carbonizzazione di alcune componenti durante la distillazione del petrolio), ma ha emissioni inquinanti inferiori a petrolio e carbone.
L’utilizzo di componenti di pneumatici riciclati per produrre energia offre anche un secondo vantaggio: il riutilizzo di materiali già usati e in conseguente risparmio di materie prime nuove, estratte o prodotte allo scopo.
• Minori emissioni inquinanti rispetto ad altri combustibili fossili
• Riutilizzo di materie già usate al posto di nuove materie prime
L’Europa ci crede
L’Unione europea, che non perde occasione per ricordare l’impegno concreto verso una riduzione delle emissioni di CO2 in tutti gli ambiti e il sostegno a progetti che aiutino nel raggiungimento degli obiettivi fissati dal green deal, ha mostrato di essere attenta anche sul tema del riciclo dei pneumatici.

Lo ha fatto finanziando la ricerca BlackCycle che vede coinvolto un consorzio di aziende ed enti di 5 Paesi europei coordinati da Michelin che vuole valutare la fattibilità tecnica ed economica del riciclo di PFU in close-loop, tecnica di pirolisi per la creazione di plastificanti e altri prodotti chimici destinati alla realizzazione di pneumatici nuovi. Il progetto, con finanziamento pubblico-privato, permetterà di compiere ulteriori passi avanti nell’ambito della riduzione degli sprechi e permetterà di definire pratiche e processi che porteranno all’azzeramento degli sprechi.