Quando ci sono di mezzo i soldi spesso vengono meno anche le questioni di principio. Forse è per questo che a febbraio scorso, quando la Cina dichiarò il blocco totale delle fabbriche per contrastare la diffusione del Coronavirus, venne fatta un’eccezione. In una pianura paludosa alla periferia della città più grande del Paese, solo la Giga Shanghai di Tesla riapriva i battenti. Con lo stop dei trasporti, rileva Bloomberg, il Governo stesso si era adoperato per fornire agli operai autobus e dormitori, scomodando addirittura funzionari di sicurezza per evitare ogni contatto tra dipendenti e popolazione locale.
Mentre la corsa alle mascherine si faceva sempre più complessa in tutto il mondo, Pechino riservava a Tesla lotti di N95 e di disinfettanti tanto efficaci da richiedere una licenza d’acquisto. Secondo alcune informazioni trapelate, ma poi smentite dai dirigenti, l'esecutivo, per garantire ritmi di lavoro sostenuti, avrebbe addirittura fornito all’azienda una scorta personale di polizia con tanto di lampeggianti.
Uno strappo alla regola
Per primo e con una velocità mai vista Elon Musk è riuscito non solo a ottenere agevolazioni fiscali e prestiti a basso costo, ma addirittura la gestione totale delle sue operazioni all'ombra della Grande Muraglia. Niente obbligo di joint venture. Un vantaggio straordinario rispetto agli altri costruttori, con la promessa di trasformare la Cina nel mercato Tesla più importante subito dopo gli Stati Uniti. Alla faccia dei dazi di trumpiana memoria.
Non sorprende quindi che la Model 3 sia stabilmente tra le elettriche più vendute del Paese, garantendo al magnate di Pretoria circa un quinto delle entrate – cosa che ha contribuito non poco a renderlo l’uomo più ricco del mondo. E pensare che nel 2015 le Tesla vendute nel Paese erano appena 3.700.
Il migliore degli accordi possibili
A ripercorrere l’ingresso di Musk nel Paese, sembra quasi che la stessa Cina spingesse per siglare questo accordo. Al tempo, con l’annuncio della nuova sede Tesla diverse banche sostenute dallo Stato hanno concluso accordi per un finanziamento di costruzione di 521 milioni di dollari. Il denaro è stato prestato a un tasso agevolato e su base non-pro-solvendo, il che significa che in caso di insolvenza le banche non avrebbero avuto alcun diritto legale su Tesla, oltre alla sua garanzia.
Il Governo ha subito fornito le autorizzazioni affinché Tesla potesse iniziare a lavorare ancor prima di ottenere tutti i permessi. Il collegamento della struttura alla rete idrica ha richiesto solo quattro giorni e State Grid, il distributore nazionale di elettricità, ha affermato di aver completato il lavoro più velocemente rispetto a qualsiasi altro progetto. Il colpo finale c'è stato a ottobre: niente auto tradizionali in centro città e aste costosissime per le targhe di auto a benzina (prezzi attorno ai 14.000 dollari l’una).
La contropartita
Nessuno darebbe tanti vantaggi senza chiedere il conto. Per ora pare che il presidente cinese Xi Jinping intenda farsi forte dell’experties degli ingegneri Tesla per contribuire a rendere il Paese leader indiscusso della mobilità elettrica (a fronte degli enormi sforzi europei per recuperare terreno). Un po’ poco forse considerando i vantaggi ottenuti da Tesla, dato anche l’imbarazzo internazionale di aver concesso tanti privilegi ad un’azienda made in Usa.
“Le società straniere devono essere consapevoli che il piano finale è che tutte le tecnologie avanzate siano cinesi” afferma James McGregor, presidente della società di consulenza Apco in Cina, "spero che Elon tenga entrambi gli occhi aperti".
Un unicum globale
Rispetto ai precedenti, considerando che dagli anni ’90 la Cina ha sempre vietato alle Case auto straniere di creare unità controllate al 100%, il cambio di passo è stato impressionante. Per Musk niente obblighi di creare joint venture al 50% con entità cinesi, né di condividere entrate, tecnologia ed esperienza con aziende che potrebbero utilizzare quelle risorse per sviluppare prodotti concorrenti.
I veterani dell'industria automobilistica cinese, che hanno visto aziende leader mondiali come Volkswagen e Toyota lottare per decenni per ottenere ciò che Musk è riuscito ad avere in pochi anni, lanciano un avvertimento. "Elon ha giocato molto bene – dice a Bloomberg Bill Russo, ex dirigente di Chrysler ora consulente di base a Shanghai – ma se Tesla ha ottenuto ciò è solo perché era nell'interesse primario della Cina”. Come tutti gli amori scoppiati all’improvviso, bisognerà stare attenti al rischio che possa non durare per sempre.