Nei prossimi anni, per effetto della rivoluzione elettrica, le auto non saranno più riparate dai meccanici per come li conosciamo, ma da nuove figure professionali per le quali servirà una formazione ad hoc. È uno degli esempi fatti oggi ad “AutomotiveLab, il convegno dedicato al futuro dell’auto” sul cambiamento che l’elettrificazione sta portando nel mondo e in Italia.
A guidare il Paese verso la mobilità sostenibile dovrà essere "un piano organico". Le parole sono quelle di Gianluca Benamati, vicepresidente della commissione Attività produttive della Camera e figura di spicco del PD per i temi energetici.
Occasione Pnrr
Molto impegnato sul fronte mobilità, Benamati è stato ospite dell’evento, dove ha portato la sua visione per le vetture a batteria. Il deputato ha spiegato che, in confronto a Cina e Stati Uniti, “il settore automotive italiano ed europeo si è presentato in ritardo rispetto alle grandi sfide del futuro, come la motorizzazione elettrica”.
Oggi, però, la crisi e le risorse messe in campo dal Piano nazionale di ripresa e resilienza danno la possibilità di “lanciare la politica industriale verso le filiere più forti, dove l’auto è al top, in modo da rafforzarle”. La parola chiave è quindi “investire”, ma per farlo “serve un programma nazionale, di cui il Governo deve farsi carico”.
Batterie e formazione al centro
Il piano organico di cui si accennava dovrà riguardare batterie, formazione di ingegneri e meccanici e riconversione delle figure professionali. “Chi conosce l’auto sa la differenza che c’è sotto il cofano tra un’elettrica e un’endotermica”, è l’immagine del deputato dem. Una fotografia che gli operai del Friuli e il Governo francese hanno ben a mente.
Da dove dovrà partire la formazione? Secondo Benamati, dalle piccole e medie aziende, che sono un’eccellenza per la componentistica delle auto endotermiche e hanno dato tradizionalmente un importante contributo alla bilancia delle esportazioni. Queste imprese vanno quindi aiutate a lavorare sulle nuove tecnologie.
Il grido delle associazioni
Intanto, le associazioni di settore chiedono più chiarezza e dialogo al Governo. Dai presidenti di Anfia, Federauto e Unrae - Scudieri, Crisci e Di Stefano Cosentino - il messaggio è lo stesso: lo sviluppo dell’auto elettrica non può dipendere solo dagli incentivi, che comunque rimangono fondamentali.
Quello che serve, hanno spiegato i rappresentanti della filiera nel corso dell'evento, è un vero e proprio dibattito politico, che apra una visione più ampia della mobilità sostenibile. Palazzo Chigi, dicono, deve ascoltare il grido d’aiuto dell’industria auto, per lo sviluppo della filiera e dell’Italia. Altrimenti, è l’allarme, l’obiettivo di avere 6 milioni di auto elettriche e plug-in circolanti in Italia nel 2030 resterà un miraggio.