Alle gigafactory per batterie e ai finanziamenti per installare le colonnine di ricarica, gli Stati Uniti hanno aggiunto da poco un altro tassello ai piani sull’auto elettrica: l’attivazione del Defense Production Act (DPA).
È la legge speciale del 1950 che permette di dare la priorità alla produzione di alcuni materiali importanti, in questo caso le materie prime per vetture a zero emissioni. Tutto questo basterà per non perdere la corsa contro la Cina? Qualcuno sostiene di no. Ma ci sono delle soluzioni.
Più colonnine
Andiamo con ordine. Prima di tutto, è delle ultime ore un rapporto al Congresso del Government Accountability Office (GAO) sulle colonnine a disposizione delle varie Agenzie federali. E i numeri riportati sembrano piuttosto bassi, perché parlano di soli 1.100 punti di ricarica, contro le stime che ne chiedono almeno 100.000.
Le cifre non sembrano sufficienti per portare avanti i progetti di Biden, che vogliono una flotta pubblica a batteria entro il 2035. E questo nonostante l’elettrificazione non proceda esattamente spedita: basta pensare che, stando agli ultimi dati, nel 2020 neanche lo 0,3% dei 657.000 veicoli federali era elettrico.

Nel frattempo, sono stati ordinati altri 1.854 mezzi a batteria, che però non sono molti rispetto ai 50.000 acquisti fatti in media ogni anno. In più, il servizio postale (USPS) sta comprando altri 50.000 furgoni per le consegne, ma la mossa è stata criticata in patria perché l’80% circa dei van sarà ancora a combustione.
Le colonnine in strada, per gli automobilisti di tutti i giorni, saranno invece 500.000, grazie a un tesoretto da 7,5 miliardi di dollari. La Casa Bianca vuole poi incentivare il passaggio alle zero emissioni con un bonus da 12.500 dollari, anche se valido solo per le auto costruite negli Usa da lavoratori iscritti ai sindacati.
Accelerare sulle batterie
In mezzo alla politica, finisce ovviamente l’industria, che sta investendo decine di miliardi in nuove gigafactory. A preoccupare gli analisti sono però i tempi di realizzazione, che potrebbero aumentare il gap con la Cina, leader mondiale delle batterie, con una produzione del 60% a livello globale.
Lo stesso discorso vale per la produzione di nuove materie prime. Se, da un lato, il Defense Production Act finanzierà la ricerca di altre miniere e l’aumento delle estrazioni dalle cave già conosciute, dall’altro c’è da dire che le cose non cambieranno da un giorno all’altro.
Gli esperti pensano quindi che gli States si siano mossi un po’ in ritardo. La ricetta per recuperare il Dragone? Puntare sulle startup, con finanziamenti per favorire nuovi ingressi nel mercato su ricerca, sviluppo e produzione di accumulatori.
Fonte: Reuters, InsideEVs.com, Bloomberg