Coronavirus a parte, il 2020 sarà l’anno di apertura del decennio della mobilità elettrica: da qui al 2030 infatti la mobilità subirà un cambiamento radicale.
È una convinzione sempre più diffusa, che passa per i Piani energia-clima dei Paesi Ue (quello dell'Italia prevede 4 milioni di elettriche pure e 2 mln di plug-in al 2030) e che viene confermata anche dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA). La stessa agenzia sottolinea anche l'importanza dell'infrastruttura di ricarica per mettere le ali all'elettrico, certificando un vero e proprio boom registrato su questo fronte nel 2019.
La ricarica privata non basta
Quando viaggiando per strada si vedranno regolari stazioni di ricarica (un po’ come accade con i distributori), secondo la IEA gli automobilisti si sentiranno più sicuri, sapendo che in caso di necessità si troverà un posto dove fermarsi e fare un pieno di energia.
Del resto, non sempre si può aspettare di tornare a casa per ricaricare l’auto. Ci sono numerosissimi casi in cui una ricarica “al volo” può essere molto comoda (in ufficio, o mentre si fa la spesa), anche se come costi non potrà mai essere allineata a una ricarica domestica.
Non mancano le iniziative a sostegno della ricarica privata, che oggi, nel mondo, conta già 6,5 milioni di attacchi: dalle detrazioni italiane al recente piano della Germania da 500 milioni di euro. Ma da sole le ricariche domestiche non possono far decollare il settore.
La leadership cinese
Sono molti i Paesi che hanno capito l’importanza dell’infrastruttura e stanno investendo in modo consistente nella creazione di punti di ricarica pubblica. Tra questi la Cina, che oltre ad essere il principale mercato della mobilità a zero emissioni deve fare i conti con megalopoli altamente popolate in cui molti abitanti non hanno la minima possibilità di installare un punto di ricarica privato.
In Cina, guardando alla situazione di fine 2019, ci sono circa 500.000 colonnine di ricarica, circa il 60% del totale, visto che nel mondo si contano 862.118 colonnine, grazie a un balzo del 60% nel 2019. A seguire, Stati Uniti, Olanda, Germania, Giappone, Francia e Gran Bretagna, ma con percentuali estremamente minoritarie.
Tornando alla situazione globale, di quelle 862.811 colonnine solo il 31% ha una potenza superiore a 22 kW. Ma proprio le fast charge potranno fare la differenza ed è quindi sicuramente un tasto su cui insistere.
Una crescita esponenziale
La storica carenza di infrastrutture non dà la giusta percezione degli enormi progressi compiuti a livello mondiale sul tema della ricarica pubblica.
Eppure, nel 2011 le colonnine presenti sulla terra erano poche decine di migliaia. Nel 2015 erano ancora meno di 200.000 mentre nel biennio successivo sono più che duplicate. Nel 2018 ne arrivarono altre 100.000, sforando per la prima volta la soglia del mezzo milione. Nel 2019, come detto, con un vero e proprio boom si è arrivati infine a 862.118.
E il numero è destinato a salire ulteriormente, in modo ancor più celere. Questo non solo per la sempre maggiore importanza di EV e PHEV sui mercati, ma anche per i nuovi accordi che Case automobilistiche, aziende impegnate nella creazione dell’infrastruttura e altre realtà (non ultime le grandi compagnie petrolifere, con gli esempi come Total e Shell) stanno siglando per diventare attori protagonisti su un palcoscenico che ha enormi possibilità di espansione.