Il nome Foxconn è estremamente conosciuto nel campo della tecnologia. Per chi non lo sapesse, il colosso con sede a Taiwan è il principale fornitore di Apple. Questo, più di altro, dà un’idea di quanto sia una realtà potente e strutturata. Al punto tale da essere pronta a fare il salto e lanciarsi anche nel mondo delle auto elettriche.
Lo vuole fare in grande stile, con la promessa di arrivare a fornire all’industria mondiale della eMobility il 10% del totale di componenti e servizi entro il 2025 o, al più tardi, prima della fine del 2027. Insomma, non vogliono certo nascondersi.
C’è già un'intesa con FCA
Per entrare nell'automotive Foxconn ha già preso accordi con FCA al fine di creare una joint venture per produrre auto elettriche e connesse in Cina. L’idea è di dare vita ad una gamma di vetture a zero emissioni che possa contare anche su tecnologie di ultima generazione in tema di servizi.

Ma c’è di più. Foxconn infatti sta sviluppando un software aperto, battezzato “MIH Open Platform” che permetterà alle Case di sviluppare i propri veicoli elettrici in modo molto più veloce. L’intento dell’azienda è quello di fornire una sorta di sistema operativo per le auto a zero emissioni (una soluzione in stile Android, per restare in tema di smartphone).
La batteria allo stato solido
Già così la Foxconn avrebbe un buon numero di frecce al proprio arco, ma i vertici aziendali fanno sapere che i reparti tecnici stanno lavorando allo sviluppo di una batteria allo stato solido, visto da molti (ma non tutti) come il Sacro Graal dell'auto elettrica.
Stando alle dichiarazioni del gigante taiwanese dovrebbe essere pronta entro il 2024 e, se i piani saranno rispettati, anticiperà di un anno i progetti di Toyota e quelli di Volkswagen che si basano su analoghe tecnologie.
L’obiettivo di fornire il 10% della componentistica dell’industria dell’auto elettrica in meno di 10 anni (che equivale ad un numero di veicoli pari a 3 milioni) resta ambizioso, ma la potenza economica dell’azienda è enorme e il fatto che stia già completando intere reti di fornitori in Cina e Usa fa pensare che le previsioni non siano più ottimistiche del dovuto.