Tesla a dicembre entra nello Standard & Poor’s 500, il più importante indice azionario nordamericano, che si compone – come si intuisce dal nome – dei 500 principali titoli azionari quotati a Wall Street. Questi titoli, nel complesso, rappresentano circa l’80% del totale capitalizzato alla borsa newyorkese.

Ad annunciarlo è stata la S&P Dow Jones Indices, joint-venture nata nel 2012 che ha proprio il compito di gestire i vari indici azionari delle principali borse mondiali per fornire informazioni utili per attività di benchmark e comparazione. Entrare nello S&P 500 dà certamente prestigio, ma oltre ad una mera questione di "immagine" offre anche un bel vantaggio dal punto di vista economico.

Un gigante tra i giganti

Prima di tutto, Tesla entra a far parte dello S&P 500 dalla porta principale: è infatti l'azienda con maggiore capitalizzazione di tutte quelle entrate nell'indice negli ultimi 10 anni. Con un valore di oltre 400 miliardi di dollari, oltre ad essere la prima Casa automobilistica per capitalizzazione, è anche più grande del 95% delle aziende che compongono il famoso indice e peserà all’interno di quel portafoglio per circa l’1%. Fin qui, la teoria, ma in pratica cosa significa?

Elon Musk

Significa che tutti i fondi di investimento che sono in qualche modo legati allo S&P 500 dovranno vendere quote di società che già fanno parte dell’indice e dovranno acquistare azioni Tesla proprio per seguire fedelmente la composizione dell’indice stesso e ristabilire gli equilibri all'interno dei singoli portafogli. Stiamo parlando, a livello globale, di circa 51 miliardi di dollari di investimenti: 51 miliardi di dollari che in qualche modo faranno rotta anche verso Palo Alto. Non male.

Attenti alla bolla

È tutto oro quel che luccica? Forse sì, almeno per Elon Musk, ma alcuni analisti mettono in guardia sui rischi di questa operazione. Le azioni Tesla, infatti, per alcuni, avrebbero un prezzo già di molto superiore al reale valore di mercato, con il collegato rischio di una possibile bolla speculativa.

L’ingresso di Tesla nello S&P 500 potrebbe far crescere ancor di più il valore delle azioni della Casa di Palo Alto, ma l’aumento di prezzo non sarebbe dettato da fattori reali e "materiali" e potrebbe secondo qualche osservatore rivelarsi dannoso nel lungo periodo.

Per fare un esempio, nel 1999, quando Yahoo entrò a far parte dello S&P 500, le azioni del colosso della new economy crebbero del 64% in 5 giorni. Poi scesero precipitosamente nei due anni successivi e non riuscirono a tornare sui livelli “pre S&P 500” prima della fine della fine del 2011. Conoscendo il personaggio, tuttavia, riesce difficile credere che Musk non abbia calcolato attentamente anche rischi come questo. Staremo a vedere.