Visionario, innovatore, anticonformista, provocatore: sono tante le etichette affibbiate a Elon Musk, l’uomo che volenti o nolenti ha cambiato le regole della mobilità, inseguendo per primo il sogno dell’auto elettrica come la intendiamo oggi. E che se non bastasse è attivo con successo in numerosi altri campi, da quello spaziale, con Space X, a quello biomedico, con Neuralink, passando ora anche per l'impegno con la tedesca CureVac per il vaccino anti Covid-19.

Ma qual è il segreto di colui che ha portato una Casa auto nata dal nulla a diventare la prima al mondo per capitalizzazione e che, a 47 anni, ha conquistato la posizione di terzo uomo più ricco del pianeta? Fortuna? Genio e sregolatezza? Regole rigorose? Forse un po’ di tutte queste cose. Ma se per le prime non c’è molto da inventare, sulla terza si può imparare tanto

Capire e reinventare

A ben guardare, fanno notare i giornalisti e grandi conoscitori del personaggio, Paul Lienert, Norihiko Shirouzu ed Edward Taylor, il metodo che Musk applica per far crescere le proprie aziende è sempre lo stesso, che si parli di automobili, di razzi spaziali o di altre tecnologie.

La prima cosa è quella di avviare collaborazioni con partner all’avanguardia. In questo modo si può sfruttare quanto di meglio presenti il mercato in termini di conoscenza, tecnologia, metodi di lavoro.

Una tesla Roadster nello spazio

Una volta appreso dai migliori, però, Musk punta a diventare indipendente, sfruttando le competenze acquisite durante le collaborazioni e, come spesso accade nel mondo del lavoro, assumendo in posizioni chiave figure di altissimo profilo provenienti proprio dalle altre aziende.

“Elon non vuole dipendere da nessun soggetto esterno in nessuno dei suoi business", ha confidato un ex pezzo grosso di Tesla che vuole restare nell’anonimato, "anche perché in qualche modo, a volte indovina a volte no, Musk è convinto di poter fare la stessa cosa più velocemente, meglio e a costi minori”.

Il caso delle batterie

Per capire come lavora Musk per far crescere le proprie aziende si può guardare a come si è mosso per le batterie, elemento chiave nella produzione di auto elettriche. Musk ha iniziato a lavorare con Panasonic nel 2013 e, inizialmente, l’azienda nipponica ha rivestito il ruolo di fornitore unico. Anzi, di partner, avendo avviato congiuntamente i lavori nella Gigafactory Nevada.

Panasonic Cell Lines at Gigafactory Limit Tesla Model 3 Production

Ma Musk ha firmato l’accordo solo dopo aver analizzato i risultati di uno studio che aveva avviato due anni prima, nel 2011, per valutare la fattibilità della produzione interna di batterie. La partnership con Panasonic va avanti da oltre sette anni, ma il ruolo dell’azienda nipponica è stato ridimensionato. E non sono mancati attriti.

Perché? Perché Musk non vuole dipendere da nessuno e ha preferito stringere accordi con altri produttori come LG Chem e soprattutto CATL, che sta costruendo una fabbrica in Germania.

Parallelamente, però, ha avviato il progetto Roadrunner - su cui in attesa del Battery Day sono già filtrate succose informazioni - e ampliato le fabbriche per la produzione interna, che sarà avviata anche presso lo stabilimento di Berlino.

Insomma, la ricerca di un’indipendenza è chiara, considerando anche gli sforzi per trovare condizioni favorevoli per l’approvvigionamento diretto di materie prime (peraltro carbon neutral).

Mercedes e l’Autopilot

Tra i primi a credere in Tesla c’era stata Mercedes. Con il gruppo tedesco Musk aveva provato a lavorare sulla guida autonoma durante lo sviluppo della prima Model S. La Casa di Palo Alto aveva ancora una volta contattato i migliori in circolazione, colmato il gap tecnologico e iniziato poi un percorso indipendente che l’ha portata a diventare un punto di riferimento, con un Autopilot straordinariamente evoluto (ora in fase di ulteriore aggiornamento).

Musk ha potuto vedere cosa si stava realizzando in quel momento sulla Mercedes Classe S e ha capito il vero potenziale di quelle tecnologie. Così un ingegnere Mercedes ricorda la collaborazione con Tesla: “Noi chiedevamo ai nostri ingegneri di portarci sulla Luna: Elon Musk ha fatto rotta direttamente su Marte”.

SpaceX, mr. Tesla talla conquista dell'infinito

Il bagaglio Toyota

Anche Toyota è stata tra le Case che hanno investito in Tesla durante i primi anni di vita della Casa americana. E Musk cosa ha carpito dal costruttore nipponico? Le tecniche di controllo della qualità che hanno permesso a Toyota di affermarsi per lungo tempo come primo gruppo automobilistico al mondo.

Viste le continue polemiche sulla qualità delle Tesla il risultato potrebbe non sembrare all'altezza, ma vale ricordare che parliamo di un settore industriale con enormi complessità, in cui Musk partiva da zero.

“Musk – spiega chi ha lavorato con lui – riesce ad assorbire metodi, competenze e ogni tipo di informazione e ad elaborarli per spingersi oltre”. Riesce ad ottenere certi risultati perché ha una visione più ampia delle cose, ma anche perché una volta capito il modo in cui si deve lavorare, assume esperti da tutto il mondo e li piazza nelle caselle giuste.

In Tesla lavorano tecnici provenienti proprio da Mercedes e Toyota, come da Google, Apple, Amazon, Microsoft, Ford, BMW o Audi…

Tesla Center

La via delle acquisizioni

Se con le aziende più grosse Musk ha intrapreso la via delle collaborazioni, non si contano le acquisizioni che negli anni gli hanno permesso di entrare in possesso di tecnologie d’eccellenza messe a punto da startup e compagnie più piccole.

Negli anni, ad esempio, Grohmann, Perbix, Riviera, Compass, Hibar System sono entrate nell’universo Tesla. Così come SilLion e Maxwell, comprata di recente proprio per le competenze in materia di batterie.

In passato ci sono state anche collaborazioni finite male. Come quelle con Mobileye o Nvidia. Con entrambe Musk aveva avviato una partnership per lo sviluppo di tecnologie inerenti l’Autopilot, ma culminarono entrambe nell’incidente del 2016 in cui una Tesla Model S non analizzò correttamente la situazione e non frenò andando a finire contro un camion.

tesla autopilot slide

Sia Mobileye sia Nvidia dichiararono che le loro tecnologie usate da Tesla non erano state sviluppate per quello scopo e che quindi non potevano essere ritenuti responsabili dell’accaduto.

Le partnership, come è intuibile, si interruppero poco dopo, ma anche in questo caso hanno permesso a Musk di raccogliere informazioni utilissime per il proseguo della sua attività. E di costruire quel vantaggio competitivo che tutti stanno cercando di colmare.