L’Europa si attrezza per la caccia alle batterie, che serviranno in gran quantità all’inizio del prossimo decennio. Molte di più di quanto ci si sarebbe aspettati solo fino a qualche anno fa: complici le politiche green e la flessione dei prezzi, le auto elettriche potrebbero arrivare addirittura al 70% di market share nel 2030. Di questo passo, però, il rischio è quello di dipendere completamente dalle batterie prodotte all’estero, Cina in primis.

Di problemi alle forniture e di possibili soluzioni si è parlato durante il summit di Bloomberg New Energy Finance (BNEF) a Monaco. L’allarme è che l’attuale produzione di batterie non potrà soddisfare un mercato in così rapida crescita. In soccorso devono arrivare le gigafactory. Alcune sono già in costruzione, ma tutto va programmato nei minimi dettagli.

Produzione su larga scala

A fornire i numeri è stato Yann Vincent, Ceo di Automotive Cells Company, la joint-venture per le batterie tra Stellantis e Total. “Il 70% del mercato significa che nel 2030 avremo 12 milioni di auto elettriche. A spanne, potrebbero servire 100 kWh ad auto, per un totale di 1.200 GWh. La fornitura attuale è di 50 GWh o leggermente meno. Quindi già ora vediamo la necessità che l’Ue faccia le batterie in casa”.

Batterie litio metallo allo stato solido messe a punto ad Harvard

Per non rimanere dietro i Paesi esportatori, la produzione dovrà essere su larga scala, come quella asiatica. Ma c’è un ostacolo: “Non si può semplicemente prendere un processo sviluppato in Cina e buttarlo in Europa o nel Regno Unito, perché non si otterranno i permessi”, ha avvertito Isobel Sheldon, chief strategy officer di Britishvolt. Per quale motivo? Perché dalle nostre parti, le norme sono più rigide.

Serve programmazione

In più, Sheldon ha spiegato che le gigafactory non possono essere progettate dall’oggi al domani. Serve una programmazione a lungo termine: “L’ubicazione del sito, le fondamenta e l’accesso all’energia rinnovabile sono vitali per gli stabilimenti. Se costruiti male, non saranno adeguati, perché le regole cambiano continuamente e dobbiamo essere sicuri che quanto fatto oggi sarà adatto agli scenari dei prossimi 10-15 anni”.

Batterie Volkswagen

Un modello da seguire potrebbe essere la Norvegia, che fa record di elettriche e dove FREYR sta mettendo a punto una gigafactory guardando a due parametri: le emissioni di CO2 e l’economicità dell’operazione.

In gioco i mercati esteri

Occorre quindi mettersi in moto per rimanere al passo con l’elettrificazione. In gioco non c’è solo l’approvvigionamento europeo, ma un business che supera i confini del Vecchio Continente. Ecco perché si punta all’indipendenza dall'Asia, sia sulle forniture di minerali che su quella di batterie.

“Non è una visione che riguarda solo l’Europa – spiega ancora Sheldon –, perché i veicoli elettrici penetreranno sempre di più, anche grazie al cambio di presidenza negli Stati Uniti”, dove Joe Biden ha messo sul piatto 174 miliardi di dollari per l’industria automotive.