Ford accelera sulla ricarica "più che ultra fast" per le auto elettriche studiando cavi di nuova concezione insieme alla Purdue University. I nuovi cavi, a differenza di quelli attuali, generalmente raffreddati a liquido con potenze superiori ai 100 kWh, sfrutteranno le proprietà di innovativi materiali a cambiamento di fase.
Si tratta di materiali di origine organica o inorganica, sia naturali che di sintesi, in grado di accumulare e rilasciare energia termica passando dallo stato solido a quello liquido e viceversa. Chiamati comunemente PMC, dall'inglese Phase Change Materials, trovano impiego in numerosi ambiti in cui l'isolamento termico gioca un ruolo fondamentale.
Addio calore
Al giorno d'oggi, un cavo per la ricarica di un'auto elettrica che non sia dotato di raffreddamento a liquido va bene per ricariche fino a 100 kW. Oltre certe potenze raggiunge temperature eccessive e diventa inutilizzabile da parte dell'automobilista, oltre che rischioso per l'integrità del sistema di ricarica.
Per questo motivo le colonnine ad alta potenza in circolazione sfruttano cavi dotati di un'intercapedine all'interno della quale è presente un liquido isolante. Ora Ford esplorerà soluzioni alternative proprio lavorando sui PMC.
"Uno dei limiti dei cavi di ricarica odierni è dato dal pericolo che si surriscaldino - ha spiegato Michael Degner, ingegnere del reparto ricerca Ford - per caricare più in fretta si devono utilizzare cavi che reggano il passaggio di maggiori quantità di energia senza subire innalzamenti incontrollati delle temperature".

Il cambio di fase
Per raggiungere l'obiettivo, come detto la Casa dell'Ovale Blu ha avviato una collaborazione con i ricercatori della Purdue University, istituto con sede nell'Indiana, che hanno profonde conoscenze sui materiali in grado di dissipare enormi quantità di calore passando dallo stato liquido a quello gassoso e che potrebbero sfruttare questa loro caratteristica durante le fasi di ricarica a maggiore potenza.
Il passaggio da uno stato all'altro di questi materiali, infatti, assorbe un'enorme quantità di energia, anche termica, riducendo il surriscaldamento. Una volta terminato il processo di ricarica, inoltre, il calore accumulato si dissiperebbe velocemente, facendo tornare il PMC dallo stato gassoso allo stato liquido. E il passaggio di stato si ripeterebbe ad ogni ricarica ad alta potenza permettendo il riutilizzo della colonnina dopo pochi minuti.

Un pieno lampo
Non si sa ancora se e quando questa soluzione arriverà sul mercato, ma i ricercatori della Purdue University affermano di essere in grado di gestire in laboratorio ricariche a 2.500 Ampere, un valore di 5 volte superiore a quello di 500 Ampere che è presente sui caricatori più potenti attualmente in commercio.
Con valori come quelli sperimentati dalla Purdue University, un'auto elettrica con batteria a 800 Volt e capace di reggere 2.500 Ampere arriverebbe a ricaricare a una potenza di 2 MW (un valore oltre 4 volte superiore a quello record misurato in Cina da Xpeng), completando una ricarica in meno tempo di quanto ne serve per un pieno di benzina. Superato il nodo del cavo, il problema rimarrebbe quello della potenza in uscita e in entrata.