Non c’è costruttore di auto elettriche che non sia al lavoro per migliorare le prestazioni delle batterie che monta (o monterà) sulle proprie vetture a zero emissioni. Tesla, nello specifico, sta lavorando su tre fronti. celle, architettura interna delle batterie e l'accumulatore nel  suo complesso.

Tutte queste soluzioni saranno adottate per la prima volta sulla Model Y. Il SUV più compatto di Palo Alto potrebbe essere così il precursore di tutta una serie di novità tecniche che la Casa potrebbe portare poi anche sugli altri modelli. Scendiamo nel dettaglio.

Questione di dimensioni

Partiamo dalle celle: le famose 4680. Sono attese dal settembre 2020 e cioè dal giorno in cui sono state annunciate da Elon Musk in persona, che ne ha illustrato le caratteristiche principali.

Le celle, decisamente più grandi di quelle tradizionali, dovrebbero essere vicine alla produzione: i macchinari per costruirli sono stati avvistati nella Gigafactory Texas, ma dovrebbero essere presenti anche a Berlino, fabbrica che proprio con la Model Y dedicata all’Europa darà avvio ai lavori.

Tesla: Elon Musk presenta le 4680 durante il Battery Day

Le celle 4680, dunque, sono imminenti (anche Panasonic ha detto che sarà in grado di produrle su larga scala già a partire da inizio 2023). Saranno utilizzate nelle batterie strutturali, che però potrebbero essere già state adottate su alcuni esemplari della Model Y anche se ancora equipaggiate con celle tradizionali 2170.

Batteria strutturale

Questa supposizione trova un appoggio nell’ultima versione del libretto di uso e manutenzione della Model Y, che al capitolo sulla corretta manovra di sollevamento dell’auto fa una distinzione tra batteria tradizionale e batteria strutturale, con diversi punti di ancoraggio. Insomma, se la Model Y con la scocca divisa in due - realizzata con le Giga Press - e l'area centrale di collegamento con batteria incorporata non è ancora in produzione su larga scala, poco ci manca.

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Inoltre, sempre per una questione di semplificazione, questa soluzione permette di attaccare i sedili direttamente alla batteria e di ridurre drasticamente i componenti di scocca e pianale, con evidenti vantaggi su costi e pesi.

Cell to pack

Poi c'è l’architettura cell to pack. Si tratta di un’architettura che prende spunto da quanto mostrato da certi dispositivi elettronici (Apple in questo è maestra) e che non prevede l’adozione di moduli intermedi. Proprio l’assenza di questi elementi consente l’adozione di un numero maggiore di celle a parità di volume.

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Ci sono spaccati e disegni tecnici che mettono in evidenza i vantaggi di una batteria cell-to-pack rispetto a una tradizionale. Sono stati mostrati durante il tour organizzato all’interno della Gigafactory di Berlino.

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Guardando gli spaccati si notano altre caratteristiche interessanti. C’è, ad esempio, una struttura a nido d’ape nella parte inferiore che ha il duplice scopo di assorbire l’energia in caso di urto e di permettere alle celle di sfogare eventuali fuoriuscite di gas. Per questo stesso motivo ci sono delle griglie che in caso di necessità si aprono per evitare che la pressione interna aumenti.