Tornati operativi a maggio dopo mesi di attesa, ora gli incentivi auto finiscono addirittura in tribunale. Ma non tutti: solo quelli per i veicoli endotermici. A portarli dal giudice sono le associazioni Legambiente, WWF Italia, Greenpeace Italia, Kyoto Club e Cittadini per l’aria, che hanno presentato un ricorso al Tar del Lazio contro il Dpcm che ha reintrodotto la misura.
Lo scrive Transport & Environment (T&E), che supporta i cinque gruppi nella loro battaglia legale. L’ecobonus italiano ai motori a combustione rappresenta infatti “un caso unico in Europa”, si specifica. E qui T&E sviscera un po’ di dati per fare il confronto con gli altri Stati del Vecchio Continente.
Un caso isolato
Dal 2020, dopo lo scoppio della pandemia, i vari Governi italiani hanno messo sul piatto circa 2,6 miliardi di euro, da sommare a 500 milioni arrivati da Regioni e Comuni. Fondi destinati a sostenere la transizione verso l’auto “non inquinante”.
“Eppure – scrive l’associazione – abbiamo impiegato la gran parte dei 3 miliardi spesi in questi tre anni per auto a combustione”. Un caso quasi isolato il nostro, perché “in nessun altro Paese europeo si finanziano auto con motore a combustione interna, ad eccezione della Romania che fa comunque meglio dell’Italia, visto che gli incentivi si arrestano ai 120 grammi di CO2 per km”.
E la Germania?
T&E passa poi al raffronto con la Germania, dove l’esecutivo ha investito la stessa cifra, 3 miliardi di euro, “ma solo sulle auto completamente elettriche (0-20 grammi di emissioni di CO2 per km) e plug-in (21-50 grammi)”. Altra differenza è che lì “i due terzi delle auto nuove sono stati acquistati dalle imprese o dalle società di noleggio o di sharing, senza indebitare le famiglie”. Da noi invece “è avvenuto il contrario”.
I risultati dicono che “ora sulle strade tedesche circolano 660.000 auto elettriche e 550.000 plug-in”, mentre in Italia contiamo 150.000 full electric e 155.000 ibride plug-in: “quattro volte di meno”. E questo, si ribadisce, nonostante una spesa pari a quella della Germania, dove gli abitanti sono 80 milioni.
I perché degli ambientalisti
Di fronte ai numeri, le associazioni si rivolgono al giudice amministrativo indicando queste quattro motivazioni:
- “Incostituzionalità del decreto legge in virtù del quale è stato emanato il Dpcm, difettando i requisiti di straordinarietà e urgenza necessari ad avocare il potere costituzionalmente riservato alle assemblee legislative. Le misure per il rilancio di politiche industriali del settore 'automotive' italiano, infatti, costituiscono un 'corpo estraneo' in un decreto legge il cui intento principale è far fronte alla crisi energetica.
- Violazione e falsa applicazione di norme nazionali e sovranazionali che definiscono i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi, nonché relative alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, delle norme nazionali di attuazione di quelle europee e delle disposizioni del decreto legge.
- Il fondo destina gran parte dello stanziamento di bilancio agli incentivi di mercato, mentre nessuna risorsa viene individuata per tutti gli altri obiettivi di riconversione produttiva (che arriverà con un altro Dpcm, ndr).
- Il Dpcm incentiva l’acquisto di veicoli nuovi di fabbrica con emissioni comprese in fasce superiori a quelle compatibili con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni nocive per l’ambiente nel periodo 2020-2024”.
Riguardo all’ultimo punto, T&E specifica che “le soglie emissive oggetto di incentivi comprese nella fascia 21-60 e 61-135 grammi (g) di anidride carbonica (CO2) per chilometro (km) risultano arbitrarie e in contrasto con le norme eurounitarie e domestiche che ritengono compatibili con i suddetti obiettivi categorie di autovetture con emissioni non superiori a 50 g CO2/km”.
L’associazione fa un appello finale per “mettere fine a qualsiasi incentivo all’acquisto di auto con motori a combustione, di privilegiare gli interventi a sostegno della riconversione industriale verso la mobilità elettrica e gli investimenti nelle infrastrutture di mobilità sostenibile a zero emissioni, gli unici che possono garantire sostenibilità sociale e ambientale nei tempi più brevi possibili”. Ora la palla passa al tribunale e noi continueremo a seguire la vicenda.
“Per nessun motivo – commenta anche Carlo Tritto, Policy Officer per Transport & Environment Italia – si può chiamare non inquinante un veicolo fossile che emette fino a 135 g CO2/km. La normativa europea definisce green un veicolo che emette fino a 50 g CO2/km. Le tasche dei contribuenti non possono continuare a finanziare le tecnologie obsolete e inquinanti che l’Europa sta abbandonando, ma devono essere responsabilmente usate per favorire una giusta transizione”.
Bene l’apertura al noleggio
Intanto, a proposito di incentivi, Aniasa applaude la scelta del Governo di estendere la misura al settore del noleggio, un comparto che “immatricola il 47% delle vetture ibride sul mercato e il 29% delle elettriche”. Manca solo la pubblicazione di un nuovo Dpcm in Gazzetta ufficiale.
“L’inclusione del noleggio tra i beneficiari degli incentivi auto messi in campo dal Governo costituisce una concreta spinta verso la transizione ecologica del nostro parco circolante e riduce la situazione di discriminazione prevista dalla normativa nella sua versione iniziale”, dichiara il presidente di Aniasa, Alberto Viano, che aggiunge:
“In questo modo le imprese e i consumatori privati, in questa fase di transizione ecologica, potranno utilizzare il noleggio per avvicinarsi, a costi accessibili, a nuovi veicoli ibridi ed elettrici”.
Fonte: Transport & Environment