“Tutti gli Stati del mondo sono invitati a bruciare meno petrolio”. Sono le parole che avremmo potuto leggere, ma non leggeremo mai, nella dichiarazione finale della Cop27, la conferenza sul clima delle Nazioni Unite appena chiusa a Sharm El-Sheik. Come mai?

Molto semplice: in Egitto, di fronte alla “minaccia” della transizione e alla possibilità di lanciare un messaggio di cambiamento forte e chiaro, i Paesi esportatori di petrolio avrebbero sollevato con forza il segnale dell'Alt, relegando il vertice a occasione persa. E questo è solo l’ultimo tassello di un mosaico ben più ampio. Ma andiamo con ordine.

Negazionismo

I retroscena vengono raccontati dal New York Times (NYT), fra le pagine di un’inchiesta che parte dalle testimonianze di due persone presenti all’ultimo vertice Onu sul clima. Stando a quanto riferito, sarebbero stati proprio i rappresentanti sauditi a spingere perché i combustibili fossili non fossero richiamati nel documento finale.

“Non devono essere menzionati”, la frase riportata dalle fonti del NYT. Sarebbe già la seconda volta nel 2022 che il Regno del petrolio chiede e ottiene questo tipo di “censura”. Il primo episodio in base alla ricostruzione della testata newyorchese risale al marzo scorso, in una riunione sul clima fra gli esperti delle Nazioni Unite. In quell’occasione, Arabia Saudita e Russia avrebbero posto il veto a un riferimento al “cambiamento climatico indotto dall’uomo”, negando di fatto le emissioni antropogeniche.

Tutti i progetti

Così, mentre in patria porta avanti una politica a tinte green(washing?), fatta di partecipazioni in Lucid, lancio del marchio di auto elettriche Ceer, piantumazione di alberi e progetti sull’idrogeno, Riad cerca di allungare la vita dei combustibili fossili tessendo una fitta rete mondale di finanziamenti, ricerche e lobby. Fra gli obiettivi, quello di diventare meno dipendenti dal greggio, per poterne pompare ancora di più all’estero.

Per fare alcuni esempi, il gigante oil Saudi Aramco avrebbe finanziato in base alle rivelazioni del NYT quasi 500 studi negli ultimi 5 anni per mettere in dubbio la maggiore sostenibilità delle auto elettriche. Il colosso saudita del petrolio starebbe collaborando tra l'altro con il dipartimento di Energia Usa per creare motori a combustione più efficienti.

Lucid Air Gran Turismo 2022

Pioggia di fondi

Ci sono poi i programmi per sviluppare tecnologie di “carbon capture”, da collegare alle vetture per intrappolare i gas di scarico prima che si liberino nell’atmosfera. Il problema? Queste soluzioni, oltre a non essere propriamente semplici da gestire, non riescono ancora ad azzerare le emissioni. Ma tanto basterebbe ai sauditi per rallentare in qualche modo l'elettrificazione del mondo auto.

In totale, spiega il NYT, ammonta a 2,5 miliardi di dollari la cifra versata dal Regno alle Università americane negli ultimi 10 anni, nel tentativo di gettare ombre sulla transizione energetica, compresa quella della mobilità. Una preoccupazione che i numeri spiegano in modo piuttosto chiaro, visto che i trasporti coprono 2/3 della domanda globale di petrolio.

Campagna di (dis)informazione

Sempre secondo il NYT, che cita rivelazioni del dipartimento di Giustizia, Riad sarebbe uno dei Paesi che spendono di più Oltreoceano in attività di lobbying e influenza dell’opinione pubblica. Dal 2016 a oggi, avrebbe investito 160 milioni di dollari.

Fra i target, ci sono Stati federati come Dakota, Texas, Ohio e soprattutto Iowa, principale produttore nazionale di etanolo, uno dei "nemici" dell’auto elettrica. Sensibilizzare sulle tematiche più vicine all'oil & gas è una missione di vitale importanza per il Regno, che non perde occasione per dare qualche spallata alla virata green globale.

“L’adozione di politiche irrealistiche per ridurre le emissioni, escludendo le principali fonti di energia, porterà nei prossimi anni a un’inflazione senza precedenti e a un aumento dei prezzi dell’energia, della disoccupazione e a un peggioramento dei problemi sociali e di sicurezza”, ha sostenuto il principe Mohammed bin Salman a luglio, durante in un vertice arabo-americano a Jeddah.

Ora che sulla Cop27 è calato il sipario, al Regno del Petrolio non resta che esultare per il risultato ottenuto. Nel resto del mondo, invece, è probabilmente il tempo di qualche riflessione.