I progetti ci sono. Ora vanno solo spinti con iniezioni di liquidità e un po’ di ordine nella giungla delle regole. Solo così l’Europa diventerà indipendente – già nel 2027 – dalle batterie per auto elettriche cinesi e risponderà con forza alle politiche protezionistiche degli Stati Uniti.
Ne è sicura Transport & Environment (T&E), associazione ambientalista tra le più grandi del Vecchio Continente, che mette nero su bianco le sue convinzioni nello studio “Una risposta europea all’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense”. Lungo 60 pagine, il report punta la lente su problemi, soluzioni e prospettive dell’Europa.
Bene finora
Ammontano già a decine di miliardi gli investimenti in produzione di veicoli e accumulatori. Basta dire che Ipcei e finanziamenti alla ricerca hanno messo sul piatto oltre 20 miliardi di euro. E altri ne arriveranno, grazie ai programmi InvestEu ed EU Recovery and Resilience Facility (RRF).
I primi risultati si vedono già, perché oltre la metà delle batterie agli ioni di litio sul mercato europeo nel 2022 era stata costruita “in casa”. Le previsioni parlano addirittura di un’Europa che diventerà secondo produttore mondiale di celle entro la fine del 2030.

Le previsioni di T&E
Semplificare e non solo
Adesso però c’è l’IRA, che vuole sparigliare tutte le carte attirando Oltreoceano le aziende più affamate dei ricchi incentivi all’acquisto di auto elettriche “made in USA”. Il pericolo per l’Europa è che, dopo anni passati a preparare la riposta alla Cina, ora si debba rifare il lavoro daccapo.
Ma c’è una soluzione. Il problema non è infatti la mancanza di risorse, ma le lungaggini per ottenerle. Un esempio? Le norme sugli aiuti di Stato, che chiedono alle imprese di dimostrare che i progetti finanziati non sarebbero diventati realtà senza il supporto dell’Unione europea. Un compito non facile da assolvere. Insomma, bisogna sburocratizzare. E non solo.
La semplificazione infatti non basterebbe, perché i fondi dovrebbero essere anche distribuiti bene, così da evitare che alcuni Paesi Ue possano avvantaggiarsi su altri, o che nella ripartizione non si tenga conto delle risorse naturali presenti sul territorio. Una posizione, quella dell’associazione, molto simile all’idea del nostro Governo.

La proposta di T&E per il Fse
C’è poi un’altra proposta, che è quella di accelerare la creazione del Fondo per la sovranità europea (Fse) e dotarlo di una “potenza di fuoco”. In numeri, si parla di almeno 350 miliardi di euro da finanziare attraverso l’emissione di debito comune.
Quanto cresce il “made in Ue”
Qui sotto, una serie di altri dati interessanti che spiccano nell’analisi.
- L' Europa è sulla buona strada per produrre 6,7 milioni di vetture full electric entro il 2030, ovvero poco più della metà del totale, che sarebbe quasi in linea con l’obiettivo di riduzione della CO2 del 55%.
- Metà delle celle utilizzate in auto e sistemi di accumulo nel 2022 – come accennato – era “made in Ue” e proveniente soprattutto da Polonia, Ungheria, Germania e Svezia. Di questo passo, il continente potrebbe diventare indipendente dalla Cina entro il 2027.
- Due-terzi dei catodi possono essere prodotti in Europa entro il 2027, grazie alle promesse di Germania, Polonia e Svezia.
- Il 50% del litio usato nel Vecchio Continente può essere raffinato proprio qui.
- In Europa c’è un potenziale di riciclo molto importante, che potrebbe soddisfare tra l’8% e il 12% della domanda nel 2030. Nella media, sono compresi il 10% circa di cobalto, il 7% di nichel e il 6% di litio.
Fonte: T&E