Viste le autonomie ancore relativamente ridotte (almeno al confronto con quelle dei veicoli tradizionali) e i costi che, pur con tutte le garanzie del caso, sono spesso motivo di inquietudine per la clientela, il mantenimento ottimale delle batterie è una priorità assoluta. Per rallentarne il normale deperimento e farle durare di più il consiglio più frequente è quello di non caricarle possibilmente mai al massimo né lasciarle scendere sotto una soglia minima del 15-20%.
Questo perché, come ci dimostra efficacemente l’esperienza quotidiana con smartphone e altri piccoli strumenti, anche le più moderne batterie al litio perdono più rapidamente efficienza se utilizzate al massimo della loro capacità o lasciati arrivare troppo vicini all'esaurimento della “scorta”.
Certo, nel caso dell’auto, elettrica o ibrida che sia, questo significa, a conti fatti, limitarne l’effettiva capacità di utilizzo tra una ricarica e l’altra a circa il 50% dell’autonomia totale, anche se all'atto pratico è un margine in cui molti utenti dimostrano di poter stare tranquillamente, tanto più che seguendo questa abitudine, anche il tempo effettivo di ricarica risulta quasi dimezzato.
In realtà, le batterie stesse prevedono delle logiche di protezione che ne tutelano l’efficienza e la durata nel tempo. Il principale è una sorta di auto-limitatore della ricarica effettiva che risulta quindi leggermente inferiore a quella della capacità nominale della batteria. Seguito da quello dei sistemi di ricarica rapida che proprio per la stessa ragione, ossia evitare stress e logorio ai componenti, si fermano all'80%.
Gli utenti più attenti lo sanno bene, in quanto app e strumenti di misurazione della ricarica riportano comunemente il dato dell’energia effettivamente disponibile con la ricarica nominale al 100%, e che in media ha uno scarto che va dal 6-8% a poco oltre il 10%. Tra le ragioni tecniche c’è anche quella di consentire il regolare funzionamento del sistema di frenata rigenerativa, che non potrebbe essere utilizzato se la batteria fosse davvero del tutto “piena”.
L’autonomia non ne risente
Il dato molto spesso non è dichiarato dalla Casa e, a scanso di equivoci, non compromette l’autonomia la quale è calcolata sulla quantità effettiva di energia disponibile e non su quella nominale, anche se come confermato di recente dal confronto tra il ciclo di omologazione europeo e i test condotti da agenzie, tra cui l’americana EPA, ed altri enti indipendenti i risultati più vicini all'impiego reale sono spesso molto inferiori.
Tra i pochi ad aver ufficializzato il divario c’è Audi, che per la e-tron rende disponibile a fronte dei 95 kWh dichiarati, una capacità reale di 84 circa, vale a dire il 12% in meno, un “margine” che ne garantisce però una maggior durata e una miglior conservazione dell’efficienza. A cui corrispondono comunque oltre 400 km (417 per l’esattezza) omologati con il ciclo WLTP ridimensionati a 317 dai test dell'EPA.
L'EPA stessa ha recentemente certificato, tra le altre l’autonomia elettrica della BMW 530e modello 2020, dotata di una nuova batteria da 12 kWh, anche qui rivedendo al ribasso l’effettiva percorrenza in elettrico, che ne è risultata anche qui quasi dimezzata. Nell'occasione, è emerso anche il dato dell’effettiva capacità disponibile che sarebbe di 10,8 kW/h, ovvero esattamente il 10% in meno.