Fino a pochi anni fa, dover fare un "pieno" era operazione identica per tutti: arrivavi alla stazione di servizio, afferravi la pistola del carburante, riempivi il serbatoio e pagavi. Con l'arrivo delle auto a batteria la questione cambia, perché l'approccio alla ricarica è differente :tempi, momenti, possibilità, costi, e via dicendo. 

Cosa è rimasto praticamente identico? La gestualità di un gesto che vede dietro lo sportellino non più un serbatoio ma un connettore, i kW al posto dei litri, e più di ogni altro elemento, al posto della pompa di carburante, c'è una colonnina. Ecco, come avviene questo trasferimento di energia? Cosa serve per capire quanta energia serve al mezzo? Cosa rende e quali variabili entrano in gioco? 

Per rispondere a queste domande, ho voluto effettuare una radiografia di una colonnina di ricarica, recandomi da Plus Marine in compagnia di Phoenix Contact.

Iniziamo dunque dal principio, dal modo con cui una postazione di carica preleva e concede energia elettrica:

Come "comunica" una colonnina AC

Una colonnina di ricarica deve comunicare, interfacciarsi con un'auto. E in questo caso, "comunicazione" fa rima con "controllo" con cui viene somministrata l'energia in corrente alternata o continua. E dunque si passa per una sorta di cervello, ma andiamo con ordine, dunque con una colonnina in AC, dove la corrente elettrica arriva alla colonnina con un collegamento tramite morsettiera.

Subito sopra, ecco un differenziale, la prima "barriera di sicurezza" per valutare eventuali picchi o dispersioni. A quel punto, si passa per dei contatori, dove la corrente viene... contata - non a caso è presente anche un display – per poi giungere al teleruttore, una vera e propria “diga”, che eroga la potenza dalla colonnina che stabilisce la quantità o interrompe il flusso di corrente.

Foto - Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica

Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica in AC

Ecco, per fare una similitudine con il corpo umano, parleremmo dei muscoli di una persona questi sono cuore, impianto circolatorio e fibre di una colonnina.

E il cervello? Non uno, ma due - un master e uno slave - quindi un principale e un secondario, collegati con scheda SIM o presa eterneth per aggiornare il firmware, l'area del cervello della logica. Insomma il "calcolatore" dei nostri rabocchi che parla con l'auto condividendo i protocolli di sicurezza che garantiscono la ricarica sicura e a "misura di veicolo".

Foto - Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica

Un connettore in una colonnina di carica in Corrente Alternata

Foto - Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica

Una fase di carica in AC

Come "comunica" una colonnina DC

Per le colonnine DC il discorso è più complesso: c’è un processo di vera e propria trasformazione dell’energia elettrica, che arriva al dispositivo di ricarica in forma di AC, passa per degli accumulatori e viene trasformata in DC dagli alternatori, tutto questo dopo che il cervello della colonnina ha ripartito il flusso in due: da una parte l’alimentazione in AC e dall’altra l’energia che deve essere lavorata e trasformata in DC.

Ecco, sono questi moduli che definiscono la potenza di uscita. Ok, ma come riescono a gestire la ripartizione di questa potenza? Come "comunicano" con la macchina?

Cavi e temperature

CCS Combo2, ChaDeMo – anche se sempre più in disuso in America e in Europa – e Tipo2. Questi sono i connettori che devono rispondere alla normativa Cei 61851 che in pratica regolamenta la connessione tra veicoli e colonnina.

Come vengono realizzati dunque questi connettori? Da cosa sono caratterizzati? 

Il cavo trifase da 22 kW reca all'interno le tre fasi, il neutro, la terra e, rispetto alla presa, un cavo di comunicazione con l'automobile per il circuito PVM per capire a quanto la vettura carica e a quanto può essere tarata, mentre la parte di comunicazione del cavo è già all'interno, non serve essere inserita.

Foto - Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica

Una postazione di carica in Corrente Continua

In corrente continua il cavo ha due connettori - DC+ e DC- - che portano la potenza,e il cavo di terra con sezioni ovviamente molto più importanti. Ci sono poi i due conduttori, il control pilot e il proximity pilot che servono a dare le indicazioni resistive dei valori massimi di corrente del cavo al veicolo e la comunicazione con il battery managment system, dunque per andare a portare la comunicazione tra batteria e controllo di ricarica della stazione di ricarica. Altri 4 cavi riguardano i sensori di temperatura, presenti sia sulla DC+ che sulla DC- per monitorare la temperatura con un limite di 90 gradi per normativa.

Cosa cambia però tra un "semplice cavo DC" e un cavo "HPC", dunque un cavo che deve sorreggere una potenza da Hypercharge? Semplice: tra i due conduttori DC+ e DC -, ha un tubo di mandata di acqua e glicole che arriva fino in testa al connettore. A quel punto il tubo si divide fino a arrivare alle punte dei contatti. Da li partono i due tubi di ritorno per tornare nell'unità di raffreddamento e consentire quindi un raffreddamento successivo.

La Temperatura non passa solo per il cavo

Un altro elemento fondamentale perché la colonnina funzioni a regola d’arte è - ovviamente dunque - la temperatura, un dettaglio non da poco per una struttura che eroga energia elettrica ed è esposta agli agenti naturali.

Foto - Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica

La gestione della temperatura è un elemento chiave durante la fase di carica, soprattutto con carica Hyperfast

A contrastare l’effetto Joule, che trasforma l’energia dissipata in calore, ci sono le varie componenti: coperture e lunghezza dei cavi di ricarica, utilizzo di materiali ad alta efficienza, come il carburo di silicio, per i blocchi di conversione AC/DC, ma anche dettagli che a prima vista sembrano banali, e invece non lo sono affatto: la tinta dell’involucro infatti è fondamentale. Da un case in colore scuro e uno in acciaio inox possono ballare anche 15 gradi, un’infinità.

Ma cosa succede se, per qualche motivo, la temperatura si alza? Ci pensano i sensori: sia sulle colonnine AC, che ha rischi minori di surriscaldamento, che in quelle DC vengono installati infatti dei rilevatori della temperatura che, se dovesse servire comunicano al “cervello” la regolazione o lo stop all’immissione di energia elettrica.

Fotogallery: Com'è fatta e come funziona una colonnina di ricarica