Sulla tutela dell'ambiente l’Europa ha fatto una scelta precisa: vuole essere il leader mondiale. E questo ha avuto naturalmente fortissime ripercussioni sull’industria automotive, che dal terremoto dieselgate in poi si è dovuta misurare con una normativa sulle emissioni tra le più stringenti in assoluto nel chiaro intento di puntare tutto sull'elettrificazione.
Adesso, in attesa dell’ulteriore giro di vite sulla CO2 in arrivo nel 2025, la Commissione Ue ha messo in cantiere anche un’altra mossa che potrebbe dare un colpo ferale a benzina e diesel. E stavolta non si tratta di nuovi limiti emissivi, ma di un meccanismo più complesso legato a doppio filo ai mercati finanziari. Vediamo di cosa si tratta.
Investimenti e sostenibilità
Per inquadrare bene la situazione occorre fare prima un passo indietro. Lo scorso giugno il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva il regolamento sulla classificazione degli investimenti sostenibili, che fissa i sei obiettivi ambientali che deve perseguire un’attività economica per essere riconosciuta come “green”:
- la mitigazione dei cambiamenti climatici
- l'adattamento ai cambiamenti climatici
- l'uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine
- la transizione verso un'economia circolare
- la prevenzione e il controllo dell'inquinamento
- la tutela e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi
E a questi sei obiettivi sono stati affiancati anche quattro requisiti che le attività devono soddisfare:
- fornire un contributo sostanziale ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali
- non arrecare danni significativi a nessuno degli altri obiettivi ambientali
- essere conformi a criteri di vaglio tecnico solidi e basati su dati scientifici
- rispettare le garanzie minime di salvaguardia sul piano sociale e della governance
Le auto nel mirino
Ok, ma cosa c’entra tutto questo con le auto? C’entra, perché oggi l’esecutivo Ue ha stilato e messo in consultazione - fino al 20 dicembre - la proposta con il primo elenco delle attività da considerare sostenibili. Tra queste, nel settore trasporti, c’è la produzione delle auto (e dei van).
Sì, ma di quali auto? Di quelle con emissioni di CO2 inferiori ai 50 g/km (allo stato quindi elettriche e plug-in) fino alla fine del 2025, e solo di quelle a 0 emissioni dal 2026. Non un nuovo limite alle emissioni quindi, ma un modo per scoraggiare sempre di più la produzione di veicoli con motori a combustione.
Il nodo della finanza
Il perché è presto detto: in un mondo sempre più attento alla sostenibilità, è sotto gli occhi di tutti quanto i flussi finanziari si stiano muovendo sempre di più verso gli investimenti considerati “ecocompatibili”.
E questo avviene per i privati, ma anche e soprattutto per i fondi e gli investitori istituzionali. Basti pensare a quanto ripetuto fino ad oggi sul Recovery Fund europeo, che vuole puntare espressamente solo sulle attività green. Ma al di là di quelli che potrebbero essere i futuri paletti dei contributi europei o degli attori pubblici, “finire nel libro dei cattivi” può diventare in senso assoluto una grana non da poco per il reperimento dei capitali.
Come sempre monitoreremo con grande attenzione l'evoluzione della vicenda, ma una cosa è certa: anche stavolta dalla Commissione è arrivato un segnale netto su quale sia la strada che intende percorrere per il futuro (che però è già "presente") dei trasporti.