“La batteria di un’auto elettrica è come un asset immobiliare: sopravvive a più generazioni”. Esattamente come una casa, o un appartamento. Luca De Meo, presidente e amministratore delegato di Renault Group, durante la sua visita nella filiale romana del marchio, usa questo termine di paragone per condividerci la sua visione strategica sugli accumulatori delle auto elettriche.
Il riferimento è alla cosiddetta second life, la seconda (e poi eventualmente terza) vita della batteria che può esser appunto reimpiegata per altri fini. Se ne parla sempre più spesso ma i casi reali sono ancora limitati perché di “batterie vecchie” ce ne sono ancora poche in circolazione.
L’esperienza sul campo dei francesi
Renault rispetto ad altri costruttori ha però il vantaggio di parlare con una cognizione di causa, come puntualizza lo stesso De Meo: “Abbiamo 10 anni di esperienza, sappiamo produrre le batterie, le auto elettriche, sappiamo gestire il BMS, sappiamo riparlare, conosciamo le performance delle batterie e ci siamo resi conto che la durata è molto più lunga del previsto”.
Ed è questa la prima notizia: la durata di un pacco batteria ha superato le aspettative degli ingegneri d’oltralpe.
L’auto si rompe prima della batteria
In casa Renault gli accumulatori sono andati oltre i canonici 8 anni di vita teorica: “Ci siamo resi conto che la durata delle nostre già lunga è molto più lunga di quella che prevedevamo - prosegue il top manager italiano - La batteria per assurdo sopravvive a più cicli di proprietà e sopravvive al ciclo di vita prodotto. Si rompe prima la macchina della batteria”.

Al di là della buona notizia per il consumatore che spesso annovera la “durata della batteria” fra le altre preoccupazioni rispetto alla scelta di un’auto elettrica, questi risultati consentono di ripensare il modello di business per chi le auto elettriche le deve produrre e vendere a prezzi accessibili. Un aspetto su cui Renault sta facendo grandi promesse.
Si possono fare soldi con l’economia circolare
“Dopo 10 anni - spiega De Meo - abbiamo una montagna di batterie in pancia perché vendevamo la Zoe con la batteria in leasing. Siccome funzionano, se tu sei capace di rimetterle in uso per costruire dei rak di stoccaggio per gestire i cicli di energie rinnovabile, quando riesci a riutilizzare più dell’80% delle batterie che stai producendo c’è molto valore la dentro. Non vi dico la cifra ma vi assicuro che non sono centinaia di euro…”.
Ed è qui il nocciolo della questione: trasformare la batteria in un’opportunità di business vantaggiosa per tutti. “Vogliamo assicurarci – ci spiega De Meo - che ci sia un valore certo perché nel momento in cui sappiamo che per ogni batteria siamo in grado di tirare fuori un certo tipo di valore, noi questo valore finanziariamente lo anticiperemo al cliente”.
Secondo De Meo questo è il principale vantaggio competitivo di Renault che già oggi costituisce il primo operatore di recycling in Francia: “Con i nostri partner facciamo più di 1 miliardo di fatturato. Senza nemmeno metterlo nella strategia, per incidente. Vogliamo dimostrare che si può fare business con l’economia circolare”.
Il battery swap? Interessante fino a un certo punto
A Luca De Meo abbiamo chiesto anche un chiarimento sulle prospettive di battery swap, la tecnologia del “cambio al volo” della batteria sperimentata senza successo 10 anni fa dalla stessa Renault insieme alla Better Place di Shai Agassi e tornata d’attualità con NIO e GEELY.
Lo scorso maggio il top manager Renault intervenendo a summit Future of the Car del Financial Times aveva lanciato un segnale di apertura che però a domanda puntuale di InsideEVs viene nettamente ridimensionato.

“Lavoriamo sull’idea di voler separare più facilmente la batteria dall’auto - precisa De Meo - ma le applicazioni di battery swap sono interessanti fondamentalmente in due settori: le micro auto da città per non dipendere dalle infrastrutture e alcuni veicoli commerciale che operano i centri logisitici. Soluzioni alla NIO non sono economicamente interessanti. Quando noi cominciammo 10 anni a erano batteria da 20 kWh (…), ma quando tu cominci a mettere batterie ad alto voltaggio da 50-60-70 kWh è complicato e anche pericoloso”.