Mese dopo mese raccontiamo nuovi record di vendita per le auto elettriche e plug-in in Italia. Un trend all’apparenza inarrestabile, che ha resistito anche ai mesi più drammatici della pandemia.

L’ondata di modelli progressivamente più abbordabili è stata fondamentale, certo, ma è evidente che in questa fase gli incentivi continuano ad avere un ruolo determinante. Al ritmo attuale, però, i fondi per le auto con la spina finiranno più o meno a metà settembre e il rifinanziamento in arrivo rischia di trasformarsi in un enorme flop. Ma c’è di più, perché un ostacolo burocratico rischia addirittura di paralizzare tutto.

Incentivo ridotto

Partiamo dalla fine, ossia dall’emendamento al decreto Sostegni bis con 350 milioni di nuovi fondi per le agevolazioni (destinati in parte anche alle auto termiche). Così com’è scritto, il testo non andrebbe effettivamente a rifinanziare l’ecobonus, che per le elettriche arriva fino a 6.000 euro con rottamazione, ma solo il cosiddetto extrabonus, ossia i 2.000 euro di incentivo “in più” introdotti lo scorso anno accanto al (necessario) sconto di pari entità da parte del concessionario. Totale, in questo caso: 10.000 euro.

Un problema non da poco, avverte il nuovo segretario generale di Motus-E, Francesco Naso, alla sua prima uscita ufficiale dopo aver preso il testimone di Dino Marcozzi. “Bisogna trovare subito il modo di incasellarli nella giusta direzione”, ci spiega, “altrimenti si rischia di avere un incentivo estremamente depotenziato, con un severo impatto sugli automobilisti e il rischio di un forte rallentamento delle immatricolazioni green”. In sostanza, con la rottamazione, si passerebbe da 10.000 a 4.000 euro di bonus complessivo per le elettriche, e senza rottamazione da 6.000 a 2.000. Per le plug-in, invece, la somma scivolerebbe rispettivamente da 6.000 a 2.000 euro e da 3.500 a 1.000.

Francesco Naso, Motus-E
Francesco Naso

Rischio paralisi

Purtroppo non finisce qui, perché accanto a questo nodo - da sciogliere quanto prima - ce n’è un altro altrettanto urgente.

Prima delle stratificazioni normative dell’ultimo anno e mezzo, l’attuale ecobonus nasce come una sperimentazione triennale inserita nella Legge di Bilancio 2019, con scadenza fissata quindi al 31 dicembre 2021. Una deadline perentoria, che rischia di paralizzare tutto ben prima dell’esaurimento delle risorse o della fine dell’anno, perché l’incentivo è collegato alle immatricolazioni delle auto, non agli ordini.

“Ad oggi ci risulta ancora che non sia possibile immatricolare con ecobonus un’auto nel 2022”, spiega Naso, “speriamo che l’esecutivo faccia velocemente qualcosa, che si tirino fuori due semplici righe di emendamento per consentire anche a chi prenota un’auto a ottobre di beneficiare di un bonus a cui dovrebbe avere diritto, a prescindere dai tempi di consegna del veicolo”. Anche perché, con la crisi dei chip che continua a mordere, ci vuole poco a superare i 180 giorni di attesa considerati dalla normativa.

“Sono tutti temi che dovrebbero essere cari anche a chi vuole preservare l’industria nazionale”, fa notare il segretario generale di Motus-E, “conosciamo tutti i limiti molto stringenti dell’Europa sulla CO2 delle auto e sappiamo quanto sia importante per i costruttori poter vendere quante più auto elettriche possibile”.

Incentivi auto, i 500 milioni del decreto agosto potrebbero non bastare

E nel 2022?

Fin qui i problemi “tecnici” da sanare per non paralizzare gli incentivi in vigore. Ma forse sarebbe il caso di iniziare a guardare anche oltre il 31 dicembre. “Siamo l’unico grande Paese europeo che non ha previsto incentivi per i prossimi anni all’interno del Pnrr”, rimarca Naso, “lo hanno fatto Germania, Francia e Spagna, ma anche Olanda, Austria, Polonia e non solo. È molto preoccupante perché i piani dei costruttori rischiano di essere compromessi in Italia, con l’effetto di vedere le EV dirottate tutte su altri mercati”.

“La questione è urgentissima”, avverte Motus-E, “bisogna mettere un nuovo ecobonus nella prossima legge di Bilancio per non rimanere il fanalino di coda in Europa. La nostra proposta è quella di non drogare eccessivamente il mercato con gli incentivi, ma di commisurare le agevolazioni a obiettivi di penetrazione ben definiti delle auto elettriche. Per il 2022 si potrebbe replicare l’attuale livello del bonus, fissando dei target per gli anni a seguire fino all’azzeramento, quando le full electric supereranno il 15% di quota di mercato”.

Una configurazione che, sostiene Naso, consentirebbe di far decollare l’elettrico stimolando al tempo stesso le Case a correre per abbassare i listini e a creare offerte orientate a valorizzare al massimo il risparmio degli automobilisti nell’arco della vita del veicolo. E si inciderebbe anche sul valore residuo delle auto elettriche a noleggio, “già più resilienti delle altre alimentazioni”, abbassando così le rate.

Ricarica

Flotte e usato elettrico

Capitolo a parte poi quello delle altre forme di sostegno per le auto a batteria, a partire dal tema delle flotte. “Bisogna dare vantaggi alle aziende che scelgono le auto elettriche sia per l’uso promiscuo che per le auto in pool”, suggerisce Naso, “uno schema di agevolazione fiscale sulle auto aziendali sarebbe un supporto alla domanda interessante e porterebbe nel giro di 3-4 anni un bel bacino di auto elettriche usate di ottima qualità”.

E a proposito di usato, il segretario generale di Motus-E guarda con non poca perplessità alle ultime agevolazioni previste dal Governo. “Capisco che siamo in emergenza ma siamo l’unico Paese europeo che incentiva il nuovo fino a 135 g/km di CO2 e l’usato addirittura fino a 160 g/km. Per una persona fiaccata dalla sanguinosa crisi post-Covid 1.500 euro di incentivo non spostano così tanto la propensione all’acquisto. Se si voleva dare un sostegno ai dealer forse sarebbe stato meglio farlo in modo diretto. E se si vuole fare una politica sull’usato, tanto varrebbe farla attraverso le auto aziendali”.