“Ci stiamo scavando la fossa da soli”; “Siamo a un minuto da mezzanotte”. Si è aperta con queste dichiarazioni di Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, e del premier britannico Boris Johnson la Cop26, la 26esima Conferenza della Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Conference of Parties), in corso a Glasgow, Scozia, dal 31 ottobre al 12 novembre.
I due hanno parlato durante le prime giornate del vertice, dedicate gli interventi dei leader. Presente anche il premier Mario Draghi, che ha avvertito: “Nel lungo periodo, le energie rinnovabili possono avere dei limiti per raggiungere gli ambiziosi obiettivi prefissati al 2030 e il 2050, quindi dobbiamo iniziare a sviluppare alternative praticabili”.
Con loro, ci sono i delegati di circa 200 Paesi per presentare i piani di riduzione delle emissioni entro il 2030. Tutti insieme stanno decidendo come mantenere il riscaldamento globale a un massimo di 1,5 gradi rispetto ai livelli pre-industriali, secondo il tetto stabilito dall’Accordo di Parigi del 2015, adottato al termine della Cop21. L’obiettivo finale è raggiungere il net zero nel 2050. Cosa dobbiamo aspettarci ancora dal vertice nel Regno Unito, in particolare per il settore dei trasporti?
Gli obiettivi
Tutti i Paesi partecipanti dovranno impegnarsi in quattro aree di intervento, che comprendono:
- accelerare l’eliminazione graduale del carbone;
- ridurre la deforestazione;
- accelerare il passaggio ai veicoli elettrici;
- incoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili.
Riguardo alla deforestazione, è stato raggiunto l’accordo per uno stop entro il 2030. Gli oltre 100 Stati firmatari ospitano circa l’85% delle foreste e comprendono Italia, Usa, Cina, Russia e, soprattutto, Brasile.
I trasporti
Passando alla mobilità, gli organizzatori della Cop26 ricordano che il settore è responsabile da solo del 10% delle emissioni globali e, a differenza degli altri, nonostante gli sforzi di molti Paesi, non dà ancora segnali di miglioramento a livello globale. Anzi, si registra persino un rapido aumento della quantità di gas serra rilasciati.
Il passaggio ai veicoli elettrici o a idrogeno è perciò considerato fondamentale, anche perché porterà “nuovi posti di lavoro, un’aria più pulita nelle città e tagli ai costi di proprietà dell’auto”. Di mobilità se ne discuterà nello specifico il 10 novembre, quando ci sarà una giornata dedicata alla decarbonizzazione non solo del trasporto su gomma, ma anche su quello aereo e marittimo.
Il settore è così importante che si è creato un “Consiglio per la transizione ai veicoli a zero emissioni”, che riunisce i Governi e rappresenta oltre la metà del mercato automobilistico globale. Alla Cop26 si lavorerà non solo per rinnovare le vetture passeggeri, ma anche furgoni, autobus, camion e altri mezzi. Ecco le proposte che potrebbero essere discusse:
- gli Stati dovranno impegnarsi a garantire che le auto e i furgoni venduti siano solo veicoli a zero emissioni entro il 2035 (nei mercati avanzati) o nel 2040 (per tutti gli altri mercati); in più, dovranno mettere in atto altre politiche per accelerare la diffusione di auto, furgoni, autobus e camion a emissioni zero.
- le Case dovranno vendere solo veicoli a zero emissioni entro il 2035, o anche prima;
- le aziende con una flotta dovranno impegnarsi ad avere solo veicoli a emissioni zero entro il 2030, o prima, e aderire all’iniziativa EV100;
- tutti quanti dovremo sostenere le misure approvate.
Considerato che a ospitare la Conferenza è il Regno Unito, dove lo stop a benzina e diesel è stato fissato al 2030, è possibile che i padroni di casa spingano gli altri Paesi a premere veramente l’acceleratore verso l’addio all’endotermico.
Adattamento
L’Onu, però, sa anche che i cambiamenti climatici sono in atto. Ondate di calore, piogge forti, allagamenti, inondazioni e incendi sono sotto gli occhi di tutti. Lungo il percorso verso la decarbonizzazione, servirà spirito di adattamento per imparare a vivere in un mondo meno ospitale. Ecco perché le Nazioni Unite chiedono a tutti di lavorare insieme per:
- proteggere e ripristinare gli ecosistemi;
- costruire difese, sistemi di allarme e infrastrutture e agricoltura resilienti per evitare la perdita di case, mezzi di sussistenza e persino vite umane.
Ce la faremo?
Solo una cosa è certa prima ancora che sulla Cop26 cali il sipario: mettere tutti d’accordo non sarà facile. Le Nazioni Unite chiedono ai Governi di collaborare, a cominciare dalla Cina, Paese con le emissioni più alte al mondo. Pechino, però, non solo ha appena aumentato la produzione di carbone, ma ha già fatto sapere che il suo obiettivo di decarbonizzazione va ben oltre il 2050: al 2070, così come l’India. La Russia, invece, punta al 2060.
Ma, oltre a quello del Dragone, l’altro nodo da sciogliere riguarda le regioni in via di sviluppo. Se per noi occidentali è meno complicato parlare di zero netto, difficile è chiedere lo stesso impegno a chi, finora, ha subìto il cambiamento climatico producendo pochissimi gas serra e che, ora, vede una possibilità di crescere investendo sui combustibili fossili, più economici rispetto alle rinnovabili.
La soluzione? Rispettare la promessa, fatta nel 2009 e mai mantenuta, di finanziare le Nazioni povere con 100 miliardi di dollari l’anno (più di 86.000 milioni di euro). Doveva succedere entro il 2020, ma la data è evidentemente slittata. Il G20 a Roma della scorsa settimana ha comunque ridato forza all’impegno.
Dopotutto, il nostro ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha ricordato più volte che “nessuno va lasciato indietro”. Aspettiamoci quindi diversi colpi di scena durante queste due settimane di discussione a Glasgow.
La Cop26 è stata anticipata da una serie di eventi o iniziative. Prima di tutto, la pre-Cop a Milano, dove i giovani di Youth4Climate hanno approvato un documento con le richieste da portare in Scozia. E poi i viaggi in auto elettrica, come quello della Global EV Alliance e della eMob Road to Cop26, con tanto di benedizione da parte del Papa.
Cosa cambia per me?
Da qui a metà secolo, ognuno di noi potrà fare, nel suo piccolo, la propria parte. A cominciare anche dal mettersi alla guida delle auto elettriche e facendo rifornimento di elettroni alle colonnine, invece di riempire un serbatoio di benzina o gasolio per una vettura a combustione.
Ma potremmo anche dover installare pannelli fotovoltaici e impianti di accumulo nelle nostre case, mettendo in pensione la vecchia caldaia a gas. Più in generale, bisognerà stare attenti al riciclo di quasi tutti i prodotti, secondo il principio dell’economia circolare, in modo da ridurre la produzione di nuovi beni: un’operazione che ha un costo per il pianeta.
Fonte: UkCop26