Pochi giorni al voto di domenica 25 settembre, data spartiacque per il futuro dell’Italia. In piena campagna elettorale, sono tanti gli argomenti snocciolati dalle forze in campo, compresi auto e mobilità. Vero è si sono ritagliati (purtroppo) solo uno spazietto nei programmi presentati dai partiti, ma dalla ricognizione di Motor1.com tra le principali forze politiche sono emerse abbastanza chiaramente le posizioni di tutti.

Tra i temi caldi non può mancare l’elettrificazione, vero volano della transizione nel settore. Ma qual è la base di partenza del nostro Paese? Quali sono le cose che funzionano e quali invece vanno migliorate? Vediamo come si colloca l’Italia nello scacchiere internazionale.

Le prime della classe

In questa analisi ci aiuta l’ultimo report di EY, intitolato “EV (Electric Vehicle) Country Readiness Index 2022”, che studia e confronta i 14 principali mercati auto al mondo nei primi 6 mesi dell’anno. Sono tre i fattori considerati volgendo lo sguardo ai veicoli elettrici: offerta, domanda e leggi, seguiti da una valutazione complessiva.

In cima alla classifica generale domina la Cina, trainata da una forte industria e da una vasta rete di ricarica. Evoluto anche il mercato, con il 51% degli intervistati che si dice pronto a passare all’auto elettrica. Al secondo posto si piazza la Norvegia, nonostante un’industria non sviluppata, a cui però fanno da contraltare il gradimento degli automobilisti e una rete di ricarica del tutto adeguata. Chiude il podio la Svezia.

Seguono poi Germania e Regno Unito, “dove – scrive EY – si osserva un impegno significativo per colmare il gap infrastrutturale ma anche manifatturiero”. A fare la differenza sono gli investimenti delle Case e le dieci Gigafactory già messe in cantiere.

Focus Italia

E l’Italia? Solo 12esima su 14 posizioni. Peggio di noi fanno Canada e India. Perché? A farci pagare lo scotto sono prima di tutto i ritardi nell'indispensabile processo di riconversione della filiera, con “una sola fabbrica ad oggi attiva e due Gigafactory in fase di costruzione”. Un nodo che l'industria non può risolvere da sola: serve un adeguato supporto da parte della politica. Le stime di EY dicono che solo il 18% di modelli elettrici, fra il 66% proposto da qui al 2026, sarà prodotto dalle nostre parti.

C’è poi il capitolo colonnine, che pur con tutti i possibili miglioramenti del caso, in particolare sul fronte delle strutture ad alta potenza, vede un rapporto auto/punti di ricarica superiore al valore raccomandato di 10 veicoli per stallo (che considera anche le infrastrutture in AC). Ma questo da solo non basta e l'Italia resta al 12° posto anche nella singola graduatoria sull’offerta.

“Secondo la nostra indagine – commenta Giovanni Passalacqua, Partner e Automotive Consulting Leader di EY in Italia –, solo per il 24% degli italiani la difficoltà legata alla ricarica di un veicolo elettrico influisce sull’acquisto . Un dato che è più basso rispetto ad altri Paesi. Tuttavia, il caro energia e la spinta inflazionistica potrebbero frenare lo sviluppo del mercato”.

Giovanni Passalacqua, Partner e Automotive Consulting Leader di EY in Italia

Passando al lato della domanda si scala un po’ la classifica: settima posizione per il Belpaese, dove il 45% dei rispondenti dice “sì” all’elettrico come prossima auto. Rovescio della medaglia è però la scarsa disponibilità a pagare. La “colpa”? Un’offerta ricca di modelli premium ma ancora un po’ povera a livello di entry level, segmenti tradizionalmente più vicini ai vincoli di spesa degli italiani.

“Il trend è anche confermato dai dati di vendita degli ultimi mesi, dove dominano le auto di segmento A e B, a discapito dei segmenti premium, con un impatto diretto quindi sulla quota complessiva di vendite dei veicoli elettrici BEV e PHEV, che nel 2021 si è fermata a circa il 9%”.

In linea con il resto del mondo sono invece le politiche su bonus, phase-out al 2035 e net zero nel 2050, anche se la valutazione di EY ci relega al 9° posto. Ma si può sempre fare di più, soprattutto per lo “snellimento delle procedure” e gli incentivi non monetari. Due casi? Affidamento dei servizi di ricarica in autostrada e low-emission zone.

Tra le altre cose, l’analisi rileva una crescita dell’ecosistema e-mobility in generale: “Stanno incrementando gli accordi di collaborazione e acquisizioni tra player”, si legge. “Questo progressivo consolidamento contribuisce alla spinta verso la ‘servitization’, ovvero il passaggio dalla vendita di un prodotto alla fornitura anche di servizi ad esso collegati. Un esempio riguarda le ‘offerte a pacchetti’ con taglie differenti di ricarica”.

“Per sostenere e accelerare lo sviluppo del settore nel medio-lungo termine – conclude Passalacqua – sarà fondamentale la semplificazione normativa, oltre a far convergere incentivi e interventi di investimento pubblico con iniziative industriali esistenti e future sul territorio”.

Ma l’ottimismo non manca: “L’indagine EY fotografa un Paese che, nonostante le sfide che sta affrontando, sostiene lo sviluppo dell’e-mobility grazie a una serie di iniziative recentemente intraprese e può contare sull’impegno di tutto il settore nel rispondere ai bisogni del consumatore”.