L'idrogeno è uno dei vettori energetici più discussi del momento. Come abbiamo visto, può alimentare le auto in due modi diversi, scelti a loro volta a seconda delle filosofie dei vari costruttori mondiali. Tra questi c'è chi ci crede molto, chi meno e chi ha deciso per il momento di accantonare l'idea, declinandola esclusivamente al trasporto commerciale. Ma perché le Case hanno deciso di prendere queste decisioni? Qual è il motivo che le ha spinte a compiere le scelte che già abbiamo raccontato?

Per capirlo ho analizzato i piani per l'idrogeno dei - tanti - Paesi mondiali delle Case auto. In particolare, e per prima cosa, ho cercato le strategie di Giappone e Corea del Sud, ma anche di Francia e Germania, insieme a Spagna e Italia. Infine, mi sono chiesto anche quale potesse essere il punto di vista degli Stati Uniti. Ecco quindi il quadro generale mondiale - e attuale - dell'idrogeno.

Idrogeno, dove e perché

Se siete assidui lettori di queste pagine, ricorderete che le uniche auto attualmente in produzione alimentate a idrogeno, sono la Toyota Mirai (5.936 unità nel 2021*) e la Hyundai Nexo (9.241 unità nel 2021*), escludendo alcune recenti novità ancora in fase di test.

Provenienti, rispettivamente, dal Giappone e dalla Corea del Sud, sono state studiate, testate e realizzate in due Paesi che negli ultimi anni hanno sviluppato - o stanno sviluppando - un'infrastruttura di rifornimento di idrogeno piuttosto vasta. Ma perché lo hanno fatto?

Toyota Mirai

Toyota Mirai

Hyundai Nexo

Hyundai Nexo

Giappone

Parlando prima di tutto del Giappone, quindi il caso di Toyota, e analizzando le ultime mappe elaborate dal sito glautogas.info, la rete di stazioni di servizio dell'arcipelago orientale appare ben distribuita su tutto il territorio, da nord a sud, con un totale al 2022 di 166 stazioni.

A giugno il METI, Ministry of Economy, Trade and Industry, ha annunciato un aggiornamento del Green Innovation Fund, con un ampliamento del budget fino a 15 trilioni di yen (circa 107,5 miliardi di dollari al cambio attuale), che - in teoria - entro il 2050 provvederà all'attivazione di altre stazioni di rifornimento e, tra le tante cose, servirà anche per mettere in atto progetti per generare idrogeno verde dal carbone.

Rispetto al piano iniziale, che avevamo esposto alcuni mesi fa e che prevedeva che la fornitura di idrogeno in Giappone raggiungesse le 3 milioni di tonnellate all'anno di capacità entro il 2030, oggi l'Arcipelago punta ad avere entro il 2050 una capacità complessiva di circa 20 milioni di tonnellate l'anno.

Dei 15 trilioni di yen di finanziamenti, il governo prevede di fornirne tra i 6 e gli 8 trilioni, con i restanti che dovrebbero provenire dal settore privato, in base a quanto dichiarato nel corso di una conferenza dal Ministero dell'Industria.

L'infrastruttura di rifornimento di idrogeno nel mondo

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno giapponese

Ma non è tutto. Sull'arcipelago nel 2020 è stato inaugurato quello che allora era il più grande impianto di produzione di idrogeno al mondo, capace di generare 1.200 Nm3/h (Normalmetrocubo l'ora, dove per Normalmetrocubo si intende l'unità di misura di un metro cubo di gas a condizioni standard, cioè a 25 °C e 1 atm di pressione).

Posizionato a Fukushima, l'FH2R (Fukushima Hydrogen Energy Research Field) sfrutta un impianto fotovoltaico da 20 MWp di capacità per alimentare un elettrolizzatore di idrogeno da 10 MW. La Roadmap strategica giapponese fa riferimento al Fukushima Research Field come a un progetto dimostrativo pionieristico per promuovere la commercializzazione e l'installazione di sistemi "Power to Gas" in Giappone.

L'FH2R, il Fukushima Hydrogen Energy Research Field

L'FH2R, il Fukushima Hydrogen Energy Research Field

Il Giappone, poi, è attualmente impegnato anche in un altro progetto pilota, negli Stati Uniti. Si chiama ACES, Advanced Clean Energy Storage Project, ed è situato nello Utah. Ideato per essere uno dei più grandi impianti industriali di idrogeno pulito del mondo, quando sarà attivo del tutto utilizzerà una serie di elettrolizzatori dalla capacità complessiva di 220 MW, alimentati da energia rinnovabile, per produrre idrogeno verde, che sarà immagazzinato in due "caverne di sale".

Il combustibile sarà utilizzato in un altro progetto simile, l'IPP Renewed dell'Intermountain Power Agency (un sito adiacente, ma separato) cioè una centrale elettrica a ciclo combinato con turbina a idrogeno dalla capacità di 840 MW, realizzata da Mitsubishi Power. Inizialmente funzionerà con una miscela composta per il 30% da idrogeno verde e per il 70% da gas naturale (metano), ma a partire dal 2025 sarà modificata gradualmente fino al 100% di utilizzo di idrogeno verde entro il 2045.

Grazie a questo complesso piano, risultano ben chiare due considerazioni di cui avevamo già parlato; prima di tutto il perché Toyota stia puntando fortemente nell'ultimo periodo sull'utilizzo di questo combustibile, in secondo luogo anche la strategia di Mitusubishi, che ha deciso di declinare la tecnologia dell'elettrolisi al solo utilizzo industriale.

Corea del Sud

Passando alla Corea del Sud, la situazione è molto più complessa. La "casa" della Hyundai Nexo ha un'infrastruttura di rifornimento ancora poco sviluppata in tutto il Paese e gode di incentivi all'acquisto infinitamente inferiori rispetto a quelli dedicati ai veicoli elettrici.

Qualcosa che, però, il Governo ha intenzione di cambiare radicalmente nel medio periodo, visto che, nel 2021 ha presentato i piani di implementazione dell'idrogeno nella propria infrastruttura energetica. Piani che prevedono la creazione di una nuova rete di distributori capillare da oltre 1.200 stazioni e un'intesa con il Gruppo Hyundai/Kia, che si impegnerà nei prossimi anni a investire risorse su questa tecnologia e in consulenza.

Ma non solo, tra i progetti c'è anche l'idea di implementare l'utilizzo di idrogeno su larga scala nei settori del trasporto commerciale, della produzione energetica e della produzione industriale. Tra gli obiettivi della Corea del Sud c'è poi quello di produrre 30.000 veicoli commerciali (tra camion e autobus) a idrogeno, e costruire 70 stazioni di rifornimento di idrogeno liquido nel Paese, entro il 2030.

L'infrastruttura di rifornimento di idrogeno nel mondo

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno coreana

Un suo importante alleato in questa fase transitoria è la Francia, nelle vesti di Air Liquide. La multinazionale - tra le due più grandi al mondo nella produzione di idrogeno - si sta attivando per portare il nuovo combustibile sui mezzi commerciali, tra cui anche gli aerei.

Tra i partner di questo ambizioso progetto, oltre ad Airbus, c'è Korean Air, la compagnia aerea di bandiera della Corea del Sud. Nel febbraio 2022, le due aziende insieme a Incheon International Airport Corporation hanno firmato un memorandum d'intesa per esplorare l'uso dell'idrogeno all'aeroporto internazionale di Incheon (nei pressi della capitale Seoul).

Stati Uniti

Nel corso dei primi giorni di giugno gli Stati Uniti hanno rivelato la loro nuova strategia per la produzione di idrogeno verde, sviluppata a partire dalla "bozza" resa pubblica a settembre 2022 ma integrata con le diverse osservazioni effettuate dalle varie aziende di settore.

L'obiettivo ultimo del documento è quello di fornire un quadro dell’attuale mercato dell’idrogeno in America, con uno sguardo attento sul futuro aumento della domanda di questo importante vettore energetico.

Nel paper le previsioni che emergono sono quelle di voler raggiungere la capacità annua di 10 milioni di tonnellate di “clean hydrogen” entro il 2030, 20 milioni di tonnellate entro il 2040 e 50 milioni di tonnellate entro il 2050, attraverso cospicui investimenti in infrastrutture dal valore di 9,5 miliardi di dollari, effettuati per mezzo della Bipartisan Infrastructure Law.

Secondo Washington, lo sviluppo di una hydrogen economy statunitense è molto importante, perché creerà oltre 100.000 nuovi posti di lavoro entro il 2030.

L'infrastruttura di rifornimento di idrogeno nel mondo

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno statunitense

L'infrastruttura di rifornimento di idrogeno nel mondo

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno californiana

Sia la Hyundai Nexo che la Toyota Mirai hanno negli Stati Uniti uno dei loro mercati cardine. Nel Nuovo Continente però la situazione è ancora poco avanzata per quanto riguarda l'infrastruttura di rifornimento di idrogeno. Oggi l'unico territorio americano con una rete di distributori piuttosto sviluppata e che, storicamente e ciclicamente, prevede incentivi piuttosto cospicui per l'acquisto di veicoli a emissioni zero, è la California.

Una Toyota Mirai infatti, secondo il sito ufficiale americano della Casa, nello stato di Los Angeles nel 2021 poteva essere portata in garage con poco più di 50.000 dollari, grazie ai massicci finanziamenti statali e del produttore stesso. Stesso discorso anche per la Hyundai Nexo, che si poteva ordinare, per un periodo limitato di tempo, con sconti fino al 50%.

Toyota Mirai

Toyota Mirai, il powertrain

L'idrogeno in Europa 

E in Europa? La situazione qui è in continuo divenire ma è stata approfonditamente riassunta da Total Energies in un report nel 2021, oltre che da tutti gli Stati membri in documenti dedicati a mettere nero su bianco i propri piani nazionali.

Francia

Il primo tra i principali attori della "rivoluzione idrogeno" europea è la Francia. Il governo di Parigi ha in programma di effettuare investimenti per oltre 5 miliardi di euro nei prossimi anni, in particolare per la creazione di una rete di distributori in tutto il territorio e, soprattutto, per la realizzazione di impianti di produzione di idrogeno verde in collaborazione con Air Liquide. L'obiettivo è quello di riuscire a competere pienamente con il Regno Unito, al momento tra i più grandi produttori europei grazie a Linde (diretto concorrente).

A tal proposito, Total Energies nel report dedicato nel 2021 aveva elaborato diversi scenari futuri per il paese d'oltralpe, che, ricordiamo, è tra i pochissimi produttori europei di veicoli commerciali a idrogeno, già testati e già in commercio - i furgoni prodotti sia dall'ex Gruppo PSA, ora Stellantis sia da Renault in collaborazione con Hyvia.

Se da una parte della nazione, infatti, non manca la possibilità di convertire energia prodotta da fonti rinnovabili, dall'altra c'è il nucleare, visto oggi come una fonte energetica pulita che potrebbe contribuire alla realizzazione del cosiddetto idrogeno rosa.

Un fatto, quest'ultimo, che potrebbe portare la Francia a diventare, in un futuro non troppo lontano, uno dei leader indiscussi del settore, in grado di vendere e rifornire i Paesi limitrofi con grandi quantità di prodotto, attraverso una rete di gasdotti riconvertiti dal metano.

Emmanuel Macron, presidente della Repubblica francese, durante la presentazione del piano Francia 2030 il 12 ottobre 2021 aveva dichiarato:

Esistono due strategie principali per produrre idrogeno verde. C'è una strategia che consiste nell'utilizzare le energie rinnovabili e l'elettrolisi molto lontano e reimportare l'idrogeno, un po' come facciamo con il gas liquefatto.

C'è una seconda strategia che sarà il cuore della nostra: proveremo a produrre molto idrogeno in Francia perché abbiamo la possibilità di fare l'elettrolisi e, inoltre, di fare l'elettrolisi che è a bassissimo tenore di carbonio (probabilmente con riferimento al nucleare, ndr).

Questa è un'enorme opportunità, ed è ciò che ci permetterà di essere un leader. Oltre a ciò, abbiamo un'ottima ricerca, abbiamo ottimi giocatori: Air Liquide e alcuni altri industriali. Inoltre, disponiamo di una rete di start-up, produttori di apparecchiature, imprenditori e innovatori pronti a partire e organizzati.

L'infrastruttura di rifornimento di idrogeno nel mondo

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno francese

Germania

In una situazione del tutto opposta alla Francia si trova invece la Germania, tra i maggiori importatori di idrogeno al mondo. Il Governo tedesco, come illustrato nel piano National Hydrogen Strategy nel 2020, ha in programma di investire diversi miliardi di euro in questa tecnologia.

Oltre a stringere vari accordi con diversi Paesi mondiali (l'ultimo con la Georgia pochi giorni fa per studiare la tecnologia), l'intenzione di Berlino è quella di realizzare una capillare infrastruttura di rifornimento su oltre 5.000 km di strade, connessa al resto d'Europa per essere costantemente rifornita, e dedicata principalmente al trasporto pesante.

Attore di questa rivoluzione è Shell, azienda tra le tre più importanti nella produzione di idrogeno verde, che in Renania nel luglio 2021 ha avviato un impianto sperimentale che attualmente produce circa 1.300 tonnellate di idrogeno all'anno.

Si tratta di una quantità grande, ma apparentemente non sufficiente a soddisfare il fabbisogno attuale e, come emerge dal documento stesso divulgato dal Governo, tra i principali obiettivi per la transizione tedesca all'idrogeno c'è anche quello di ottenere parte del nuovo combustibile dal resto del mondo, oppure sfruttare l'energia sostenibile ricavata dagli impianti eolici nel Mare del Nord per effettuare l'elettrolisi in nuovi impianti dedicati ancora non attivi.

Un piano vasto che giustifica quindi, come abbiamo anticipato nell'articolo dedicato, l'accantonamento momentaneo di questa tecnologia da parte delle Case auto nazionali, oppure la declinazione dei suoi studi e test al solo trasporto commerciale, dove i pesi in gioco sono importanti.

L'infrastruttura di rifornimento di idrogeno nel mondo

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno francese

Italia

I piani per l'Italia sono ancora piuttosto incerti. Sulla Penisola sono attivi al momento solo due distributori di idrogeno, uno nella provincia di Bolzano e uno a Mestre. La nuova infrastruttura di rifornimento è stata approvata e sorgerà molto presto su gran parte della rete autostradale, ma ciò che ancora non è chiaro del tutto è da dove arriverà il carburante o dove e come sarà prodotto.

Una delle opzioni che si stanno valutando potrebbe essere quella della produzione nel Sud Italia, in particolare in Puglia, Regione che nel corso del 2023 si è aggiudicata 40 milioni di euro per finanziare 5 progetti (di cui uno in collaborazione con Enel Produzione Spa).

La stazione di rifornimenti di idrogeno ENI di Livorno

La stazione di rifornimento di idrogeno di ENI a Livorno

La stazione di rifornimenti di idrogeno ENI di Livorno

La stazione di rifornimento di idrogeno di ENI a Livorno

La stazione di rifornimenti di idrogeno ENI di Livorno

La stazione di rifornimento di idrogeno di ENI a Livorno

Contemporaneamente, sempre restando in Italia, Snam SpA, proprietaria di gasdotti e di alcuni rigassificatori, aveva annunciato nel corso del 2021 di voler fare della Penisola un hub logistico di trasporto dell'idrogeno.

In particolare, dalle coste del Nord Africa - i cui Stati li presenti ne sono grandi produttori - al resto d'Europa, per mezzo di una rete di nuovi gasdotti sul territorio paralleli ai già esistenti gasdotti metanieri, gli stessi che in futuro potrebbero essere riconvertiti al trasporto di idrogeno. Si tratta di un'idea ben studiata ma non ancora del tutto chiara, confermata anche da Total Energies nel report già menzionato.

La nostra mappa sulle stazioni di rifornimento di idrogeno attualmente in costruzione in Italia

La nostra mappa sulle stazioni di rifornimento di idrogeno che dovrebbero sorgere in Italia

Spagna

Dall'altra parte del Mar Tirreno i piani del Governo spagnolo sono molto più complessi. Se oggi nello Stato iberico troviamo soltanto tre distributori effettivamente attivi, stando a quanto emerge da documenti ufficiali, l'idea del Palazzo della Moncloa sarebbe quella di sfruttare l'energia solare ed eolica per convertire grandi quantità di energia, con il fine di effettuare un'elettrolisi verde in nuovi impianti attualmente in costruzione (anche offshore).

Non è chiaro quanto tempo sarà necessario per realizzare quest'ultimi, ma sulla carta sembra un piano piuttosto ben studiato, che potrebbe portare la Spagna a diventare un competitor diretto della Francia in questo settore.

Nel mese di giugno Lhyle e Capital Energy hanno firmato un accordo di collaborazione per lo sviluppo congiunto di siti in cui effettuare l'elettrolisi. In base ai documenti divulgati, le due società lavoreranno in parallelo per creare elettrolizzatori vicino ai parchi eolici offshore attualmente in fase di sviluppo dalla stessa Capital Energy.

L'infrastruttura di rifornimento in Spagna

L'attuale infrastruttura di rifornimento di idrogeno spagnola

In ogni caso, minimo comun denominatore di tutte le strategie è l'idea (almeno teorica) di riconvertire in futuro gli attuali gasdotti per il metano al trasporto dell'idrogeno, strutture attualmente utilizzate meno rispetto al passato (soprattutto a causa della crisi energetica globale scaturita dalla guerra, ndr.) che potrebbero così godere di una seconda vita, per trasportare un combustibile più pulito.

Idrogeno verde, grigio e rosa. Cosa sono?

Ma l'idrogeno è davvero pulito? Il nuovo combustibile, come ogni novità così importante, porta con se alcuni dubbi riguardo la sua vera capacità di essere sostenibile. Il più grande, ancora oggi, riguarda quello della distinzione tra verde, grigio e rosa. Nel dettaglio:

  • Idrogeno verde: cioè l'idrogeno come siamo soliti pensarlo, realizzato per elettrolisi dell'acqua generata con energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, come quella solare o eolica.
  • Idrogeno grigio: cioè l'idrogeno ottenuto tramite "steam reforming" dal gas naturale, cioè dal metano.
  • Idrogeno rosa: cioè l'idrogeno realizzato per elettrolisi dell'acqua generata con energia prodotta da centrali nucleari.
Eni inaugura la sua prima stazione di rifornimento per l'idrogeno

La stazione di rifornimento di idrogeno di Mestre

Parlando più ampiamente dell'Europa, la Commissione UE ha approvato nel corso del 2021 un piano di decarbonizzazione totale della produzione di idrogeno, che entro il 2030 dovrebbe portare a creare, tra le tante cose, i già citati impianti di elettrolisi in Spagna, alimentati da energia solare, ma non solo.

Ci sono, infatti, due questioni rimaste ancora sospese. Prima di tutto quella delle importazioni dal Nord Africa, che molti Paesi europei vedono come soluzione (almeno temporanea) alla produzione di idrogeno sul Continente e in casa, ma per la quale è poco chiaro il modo di produzione dell'energia necessaria all'elettrolisi. Poi la questione della reale convenienza economica nel creare l'idrogeno rispetto a utilizzare direttamente l'energia elettrica per alimentare il parco circolante.

*Dati forniti da JATO Dynamics