Sono giorni decisivi per il destino dell’auto elettrica europea, protagonista nelle ultime settimane di moniti, richieste, avvertimenti e tavoli politico-industriali. A scrivere l’ultimo (per ora) capitolo è Thierry Breton, commissario di Bruxelles al Mercato interno, che convoca le aziende delle quattro ruote per fare il punto della situazione e lanciare un messaggio forte e chiaro: “Dobbiamo accelerare per raggiungere l’obiettivo del 2035”.
Nessuna marcia indietro, quindi, sullo stop alla vendita dei veicoli a benzina e diesel dalla metà del prossimo decennio, col memorandum che “compito dei politici non è stare seduti ad aspettare che i target si materializzino magicamente”. Breton – riporta infatti l’Ansa – si dice “preoccupato” per i ritardi dei costruttori all’appuntamento con l’elettrificazione.
Scontro con Pechino
Al centro degli Stati generali ci sono perciò fondi per la transizione, colonnine di ricarica, batterie, materie prime e competenze dei lavoratori, in un quadro “non roseo” che dipinge la Cina come realtà “molto più avanti di Bruxelles nella produzione di veicoli elettrici a prezzi accessibili”. In attesa che i dazi facciano il lavoro chiesto dalla Commissione.
Pechino però non ci sta e rinnova l’offerta di colloqui contro le nuove tariffe sulle importazioni, in vigore temporaneamente dal 5 luglio e definitive da inizio novembre se approvate da 15 Stati membri che rappresentano il 65% della popolazione nel Vecchio Continente.
“La Cina – si legge in un comunicato del ministero del Commercio locale – è disposta a continuare la stretta collaborazione con la controparte europea per raggiungere una soluzione che soddisfi gli interessi di entrambe le parti e sia in linea con le norme dell’Organizzazione mondiale del Commercio (Omc), in modo da promuovere uno sviluppo sano e stabile delle relazioni economiche e commerciali tra Cina e Unione europea”.
Stando poi alla Reuters, Bruxelles ridurrà comunque le attuali tasse aggiuntive, portandole dai +9% minimo e +36,3% massimo di ora ai nuovi tetti del +7,8% e del 35,3%, da sommare – ricordiamo – al precedente 10%.
Costruttore | Nuovo dazio | Dazio precedente | Totale (+10%) |
BYD | 17% | = | 27% |
Geely | 18,8% | 19,3% | 28,8% |
SAIC | 35,3% | 36,3% | 45,3% |
Tesla | 7,8% | 9% | 17,8% |
Altre società collaboranti | 20,7% | 21,3% | 30,7% |
Altre società non collaboranti | 35,3% | 36,3% | 45,3% |
Auto elettriche economiche “made in Ue”
Il faccia a faccia fra commissario e imprese arriva subito dopo l’invito a scrivere “un piano d’azione industriale per il settore” messo nero su bianco nel report “The future of European competitiveness” dall’ex banchiere e premier italiano Mario Draghi, delegato dalla presidente Ursula von der Leyen a tracciare la rotta per una nuova Europa, chiamata a cambiare per non andare incontro a “una lenta agonia”.
“Rivedere lo stop al 2035”
Risultati – quelli della riunione in scena a Palazzo Berlaymont – controcorrente rispetto alle ultime uscite di una parte della politica. In primis i ministri italiani Adolfo Urso, Matteo Salvini e Gilberto Pichetto Fratin, titolari rispettivamente dei dicasteri delle Imprese (Mimit), dei Trasporti (Mit) e dell’Ambiente (Mase), che spingono per anticipare dal 2026 al 2025 la clausola di revisione sull’addio ai motori termici.
La Lega si dice pronta a presentare un documento ufficiale per “impegnare la Commissione dell’Ue”, mentre il Mase invoca una “visione pragmatica”, perché quella “ideologica” avrebbe “fallito”. Se ne parlerà il 25 settembre prossimo durante un vertice in Ungheria.
La crisi Volkswagen
Intanto, tra vendite complessive in calo e competitor che fanno retromarcia sull’elettrificazione, il gruppo Volkswagen cerca l’accordo coi sindacati per evitare la paventata chiusura di due fabbriche. Intervistato dalla Bild, il ceo Oliver Blume rassicura contro i licenziamenti di massa: un compromesso potrebbe essere la settimana corta, cioè la riduzione dei giorni lavorativi da cinque a quattro. Senza un’intesa, le sigle indiranno uno sciopero.