Chi ha acquistato, o sta per farlo, una vettura elettrica oppure una ibrida plug-in, potrebbe presto decidere di installare un dispositivo apposito per la ricarica. Se infatti è vero che tutte le elettriche possono essere ricaricate utilizzando una comune presa da muro, i modelli che abbiamo autonomia e prestazioni appena oltre il minimo, o altre ragioni puramente pratiche, molto probabilmente faranno propendere per un wallbox.
L’offerta, anche in una fase di mercato ancora “giovane” come questa, è già piuttosto ampia e comprende proposte per tute le esigenze e , entro certi parametri, anche per tutte le tasche. Ma prima di valutare marca, prezzo e prestazioni, la cosa più importante è capire quali sono le nostre reali esigenze. Considerando anche che solitamente la scelta di un wallbox più performante porta con sé la necessità di aumentare la potenza dell’impianto domestico dai 3 kWh di base.

1 – La vettura
Il primo suggerimento è di gran lunga il più banale ma non bisogna mai dimenticare che è più saggio scegliere l’impianto di ricarica in base all’auto piuttosto che dover fare il contrario. E non si parla tanto di prestazioni quanto di questioni tecniche come la potenza del caricatore di bordo e il tipo di presa. Inutile, infatti, predisporre un wallbox e un impianto più potente rispetto alla capacità del caricatore. Se quest’ultimo carica a 3kW, la velocità di ricarica non supererà questo valore anche con una impianto da 7 kW.
Se la vettura ha già qualche anno, vale la pena di ragionare sulla possibilità di cambiarla e magari iniziare a prevedere un impianto adatto a quella che eventualmente potrebbe sostituirla, soprattutto se si punta ad alzare il livello o aumentare l’autonomia. Un dispositivo che potrebbe essere superfluo per il mezzo attuale ma più adeguato a quello che verrà, evitando di intervenire due volte sull’impianto.

2 - Le abitudini
A prescindere dalla potenza della vettura e dalla sua batteria, è importante ragionare molto bene sull’uso effettivo che se ne fa e sul bisogno di energia. Un’auto utilizzata sporadicamente e con percorrenze modeste può essere ricaricata una volta ogni tot giorni e per fare questo ci si può anche accontentare di un dispositivo a bassa potenza. Una percorrenza giornaliera più regolare, anche se non elevata, suggerisce invece di ripristinare la batteria più sovente, magari con ricariche più frequenti ma più veloci.

Anche per l’auto elettrica, infatti, si potrebbe essere tentati di acquistare un modello di prestazioni superiori alle nostre necessità e trovarsi a non sfruttarlo appieno. Un po’ come avere in garage un’auto con motore V8 e finire per utilizzarla soltanto in spostamenti brevi e nel traffico. In questo caso, il fabbisogno giornaliero torna la discriminante principale e di nuovo, può rendere sufficiente un dispositivo di potenza inferiore.
La questione della ricarica, non dimentichiamolo, non riguarda solo le elettriche pure ma anche le ibride plug-in. Queste sono meno esigenti in fatto di ricarica (le loro batterie sono quasi sempre al di sotto dei 10 kWh) perché non dipendendo esclusivamente da quella fonte di energia, potranno sempre far ricorso al motore a scoppio in qualunque momento senza particolari patemi.

Tuttavia, una moderna ibrida plug-in con autonomia elettrica ormai non inferiore ai 50 km, potrebbe tranquillamente soddisfare il fabbisogno giornaliero utilizzando unicamente quella fonte di energia che risulterebbe alla lunga anche più economica. Dunque, paradossalmente, anche una plug-in potrebbe meritare l’investimento di un sistema di ricarica più potente che assicuri quella riserva di energia in modo rapido e senza pensieri. Il tutto per ricorrere alla benzina il meno possibile ma averla comunque a disposizione per i viaggi a lungo raggio.

3 - L’impianto di casa
La voce abitudini include indirettamente anche il consumo energetico domestico. Se è particolarmente contenuto, l’auto elettrica può convivere con esso accontentandosi di un sistema base e magari facendo anche a meno del wallbox senza disagi. Alcuni wallbox permettono però anche di regolare l’amperaggio e scegliere la potenza erogata da un minimo di 6A ad un massimo di 32A, consentendo di trovare il giusto equilibrio tra le esigenze di ricarica e quelle quotidiane senza costringere a sovradimensionare per forza l’impianto.
Anche la funzione timer, dove presente, può essere utile se si vuole essere certi di disattivare la ricarica in una determinata fascia oraria in cui magari c’è maggior assorbimento di energia dall’impianto domestico in modo da poter accendere gli elettrodomestici senza bisogno di tornare in garage a staccare la spina. Non è invece indispensabile se il timore è che la batteria possa rovinarsi a rimanere attaccata anche a ricarica ultimata. La disattivazione a fine ciclo è una funzione già prevista dai sistemi di gestione della ricarica di bordo.

Esiste poi sempre la possibilità di far installare un secondo contatore specificatamente dedicato all’auto da ricaricare e del wallbox. Attualmente però appare la scelta meno conveniente, visto che un secondo impianto farebbe raddoppiare i costi fissi mentre uno potenziato, entro certi limiti, avrebbe soltanto i costi una tantum dell’aumento di potenza. In parole povere, due impianti da 3,4 kW costerebbero più di uno solo con potenza raddoppiata.
Vale infine la pena di riflettere sulla disponibilità di altri impianti di ricarica nei paraggi che potrebbero rendere non necessario potenziare il proprio: se sul luogo di lavoro o nei dintorni ci sono colonnine di ricarica disponibili, allora l’impianto di casa non dovrà per forza assicurare l’intera riserva di energia giornaliera e ci si potrà quindi accontentare di ricariche parziali (i cosiddetti “biberonaggi”). Lo stesso potrebbe accadere se vicino a casa ci fossero colonnine pubbliche a cui poter ricorrere qualora servisse occasionalmente una ricarica più veloce, senza bisogno di realizzarne una nel proprio garage.